Un presente pieno di belle speranze, un passato che non si riesce a dimenticare e un futuro incerto sono le costanti di ‘L’eco lontana delle terre del nord’, il nuovo romanzo scritto da Corina Bomann edito da ‘Giunti Editore’. L’autrice di origini tedesche si cimenta in un racconto più emozionale del solito; non solo una semplice storia d’amore ambientata in un piccolo paesino sulla costa del Mar Baltico, ma si toccano i fili di una triste e melanconica tragedia familiare radicata negli anni della Guerra Fredda.
Un salto nel vuoto per la promettente scrittrice, che senza dimenticare le sue caratteristiche testuali, realizza un romanzo dignitoso, non perfetto, ma sicuramente che si lascia leggere con piacere. La protagonista è Annabel una giovane e aspirante pubblicitaria che, dopo un burrascoso divorzio, insieme a sua figlia decide di iniziare una nuova vita. Sull’isola di Rugen e, in una graziosa casetta sulle sponde del Mar Baltico, la donna spera di trovare la giusta serenità e poter finalmente costruire un futuro radioso. Ma il passato di Annabel continua a bussare alla sua porta, dato che la giovane non ha mai dimenticato l’abbandono della madre fuggita oltre la Cortina di Ferro durante la Guerra Fredda. Questo passato che ha nascosto saggiamente in una piccola scatola di cartone, torna a galla quando Annabel rimane folgorata da un’imbarcazione – la ‘Rosa delle tempeste’ – che scorge nel porticciolo della città dopo un colloquio di lavoro. Un evento questo che aprirà uno sconfinato vaso di Pandora e che permetterà alla donna di conoscere un aiutante ma misterioso uomo d’affari.
“(…)Prima di andarmene, accarezzai con lo sguardo il paesaggio fuori dalla finestra; la vista sul porto era davvero strepitosa. Una barca a vela stava passando in quel momento, mentre i pescherecci si dondolavano sull’acqua. Il sottomarino sembrava una gigantesca sigaretta nera che galleggiava accanto al molo. E poi qualcosa catturò la mia attenzione. Per un attimo restai come paralizzata. All’improvviso sentii una voce che mi diceva di accostarmi alla finestra per vederla da vicino (…)”. Ed a questo punto la narrazione arriva al punto di svolta, perché dopo un incipit fin troppo lento e cadenzato, l’autrice è capace di catturare l’attenzione del lettore stimolando la sua curiosità. Un atto dovuto in questo momento della narrazione, perché finalmente L’eco lontano delle onde del Nord scopre le sue vere intenzioni, andando a tratteggiare una storia complessa ma sfaccettata, un volo pindarico nell’animo umano e nella mente di una donna segnata da un passato che inevitabilmente ha condizionato il presente. Quest’imbarcazione malandata ma che nella cambusa nasconde un grande segreto, simbolicamente è molto importante non solo ai fini della narrazione stessa ma soprattutto è essenziale per conoscere il disagio interiore della protagonista. La Rosa delle Tempeste viene vista come una via di fuga, un oggetto che permetterebbe di espandere i propri orizzonti e, nel suo lungo peregrinare in terre inesplorate, può dare la possibilità di piantare nuove radici dimenticando dunque la tristezza e la malinconia.
Una chiave di lettura che in realtà rappresenta il leitmotiv di tutto il romanzo perché nella continua ricerca di una via di fuga e di un destino felice, la protagonista si aggrappa a questa speranza per chiudere con un passato tormentato che ha segnato il suo modo di essere. “(…) In preda all’affanno attraversai il corridoio in punta di piedi. Andai in salotto e con la sicurezza di una sonnambula trovai la scatola in cui l’avevo nascosto. Dentro c’era soltanto quel disegno. Il ritratto sbiadito di una bambina davanti a un mulino a vento. La bambina era in mezzo a un campo di fiori con in mano un palloncino. (…)”
Corina Bomann quindi anche se nelle sue 400 e più pagine si sofferma, dilungandosi, su sensazioni e particolari a volte fin troppo superficiali, porta comunque a compimento un romanzo sui sentimenti, serioso, descrittivo ma anche altamente coinvolgente, capace di riscattare un inizio tedioso e melanconico; e inoltre arricchendo la narrazione con alcuni flashback dal passato di Annabel, L’eco lontana delle onde del Nord diventata a tutti gli effetti un romanzo di formazione, elitario e dal grande impatto visivo. Zoppica ancora nella parte centrale ma il finale è coerente con le scelte stiliste dell’autrice. A far da cornice a questa storia di grande spessore, una descrizione dettagliata dei paesaggi dell’isola di Rugen, dove lo sciabordio delle acque del Mar Baltico, è la condizione necessaria e sufficiente per la riuscita stessa del romanzo.
Voto: [usr 3]