Oggi, 10 agosto 2012, nella famosa notte di San Lorenzo, il cinema perde una delle sue stelle più belle: Carlo Rambaldi. Un grandissimo artista italiano che ha fatto conoscere la maestosità della nostra cultura, grazie all’enorme successo della sua arte a livello cinematografico. La sua collaborazione con il cinema iniziò all’età di trent’anni. La prima pellicola fu “Sigfrido” di Gentilomo, ma ben presto si fece conoscere anche da registi ancor più importanti come Monicelli, Pasolini, Dario Argento ed ecco che collaborò alla realizzazione di film quali “Profondo Rosso” e“La grande abbuffata”.
Ma il vero successo per Rambaldi arrivò con dei grandi colossal americani: ben tre meritatissimi premi oscar per pellicole del calibro di “E.T.”, “King kong” e “Alien”. Con affetto, tutti lo ricordano anche per due particolari episodi che hanno fatto molto parlare di lui.
Il primo è del 1971, anno in cui fu riaperto il caso dell’anarchico Giuseppe Pinelli. Il magistrato inquirente, infatti, gli chiese un manichino simil – Pinelli per poter ricostruire la caduta del corpo. L’anno dopo invece, Rambaldi fu chiamato non in aiuto, ma davanti ad un magistrato. Dovette, infatti, dimostrare che la vivisezione dei cani presente nel film di Fulci “Una lucertola con la pelle di donna” fosse soltanto un trucco.
Inoltre, c’era poi una particolarità che lo distingueva dal 99 per cento di quelli che lavoravano e ancora lavorano nel mondo del cinema: odiava gli effetti speciali realizzati al computer. Rambaldi era un vero artigiano e conosceva tutti i segreti della meccatronica (arte che crea effetti speciali grazie all’effetto dell’unione tra meccanica ed elettronica). Sosteneva quindi che la tecnologia avesse annientato la magia, raddoppiato le spese e triplicato la mediocrità. Con l’avvento dei pc, infatti, tutti avevano iniziato a creare effetti speciali.
E purtroppo è proprio così: chiunque oggi può capire quale sia il trucco e, capendo ciò, risulta sempre più difficile stupirsi nel vedere un nuovo film.
Di certo però, Rambaldi di stupore e meraviglia ce ne ha regalato. Tutti noi, pur non stupendoci più davanti alle nuove pellicole, non riusciamo, dopo tanti anni dall’uscita del capolavoro di “ET”, ad immaginare la nostra vita senza la presenza costante del volto dell’extraterrestre. E soprattutto, non riusciamo ad immaginare a cosa quel volto somigli di più. Lo stesso Rambaldi in un’intervista affermò d’essersi ispirato ai tratti di un gatto himalayano visto frontalmente. La leggenda però, racconta che Spielberg non avesse mai creduto alla storia del gatto. Così, in tutte le interviste, il regista non faceva che sottolineare come il viso di ET fosse invece un mix delle facce di Einstein, Sandburg e Hemingway.
Quale sia la verità? Non importa. Ciò che resterà in eterno sono le emozioni che quella faccia ha regalato a tutto il mondo, emozioni che ognuno di noi porterà sempre dentro sé, in ricordo dell’immenso Carlo Rambaldi.
Maria Rosaria Piscitelli