Enrico Gregori è autore del libro “Io ci sto ancora”, edito da Giubilei Regnani. Nel testo Gregori racconta aneddoti e curiosità su Rino Gaetano, il cantatore italiano scomparso in un incidente stradale a soli trent’anni nel 1981. Calabrese doc, Rino Gaetano era un artista impegnato. Abbiamo intervistato quindi l’amico Enrico Gregori durante la presentazione del libro a Roma.
Enrico, quali sono le differenze e quali esigenze ti hanno portato a scrivere due libri sulla vita di Rino Gaetano?
Sinceramente, io non volevo neanche scrivere il primo! Poi, per coerenza, ho scritto anche il secondo. Sai, quando uno ha delle idee (ride ndr)! Scherzi a parte, per il primo avevo cominciato a buttar giù degli appunti, ma era più che altro un passatempo mio. Poi, avendo già pubblicato alcune cose per l’editore Stefano Giubilei, giovanissimo solo 21 anni, casa editrice che sta diventando importante, una sera a cena venne fuori l’argomento Rino Gaetano. Nessuno, neanche l’editore sapeva che io fossi suo amico e figurati… quando lo seppe, mi convinse a scrivere il primo. Grande successo. Questo secondo è una naturale conseguenza. Quando uscì il primo, mi sorpresi nel vedere quante persone, quanti giovani nati ben dopo la sua morte, seguissero le sue canzoni, che entusiasmo suscitasse ancora! Mentre il primo libro è più che altro una scorribanda di serate, cene, telefonate, case discografiche, nel secondo (e qui dimostro la mia buona fede) ho chiesto il contributo scritto a persone che hanno conosciuto Rino, oltre a quello che scrivo io. Quindi, al suo discografico dell’epoca, ma anche a una ragazza di venti anni, che ci invitò all’Università Luiss per parlare di Gaetano, al pianista, alla fidanzata, alla sorella, alla Rino Gaetano Band… tanti contributi scritti e poi, tradendo un po’ la riservatezza di Rino, ci sono una ventina di canzoni di cui racconto la genesi della musica, del testo. Ci sono canzoni nate quasi per gioco, alcune nate in una sera, altre che poi hanno destato l’attenzione dei cosiddetti colti… quelli che seguivano De Gregori per esempio, facendogli capire che Rino Gaetano non era solo il clown che strimpellava le ballate. I libri nascono da queste le esigenze: far conoscere queste cose.
Il titolo del libro è eloquente: c’è ancora, Rino.
Sì, secondo me anche lui sarebbe sorpreso di vedere tutto l’interesse che c’è intorno alla sua figura, alle sue canzoni, si meraviglierebbe come me! Lui disse una volta, tra il serio e il faceto, che le sue canzoni sarebbero state ascoltate per generazioni. Però, la cosa è diventata seria, a quanto pare!
Nella presentazione di Roma tu hai detto che non sai spiegarti il perché di questo interesse oggi. Nemmeno io sinceramente. Ma qualche motivo deve esserci, voglio dire… nel frattempo è cambiato il mondo. Non sarà la ricerca di una semplicità perduta, di una voglia di cose vere e non virtuali?
Ma guarda… io penso molto banalmente che la stragrande maggioranza delle sue canzoni siano orecchiabili e la maggioranza dei suoi testi sono immediati, semplici, con termini che usiamo tutti ma che lui, nel suo cocktail, usava in maniera surreale, originale. Penso che sia questo, sinceramente. E, comunque, anche nelle sue canzoni un po’ più astruse, lui riusciva a metterci qualche colore, qualche suggestione, qualche pezzo del comune sentire che evidentemente colpiva allora come oggi. Francamente, altre spiegazioni non me le so dare.
Una mia curiosità. Tu che lo conoscevi così bene… cosa aveva di calabrese?
Mah! A parte i suoi ricordi e la “o” un po’ aperta ogni tanto… lui parlava romano meglio di tanti romani. Più che la Calabria è il Sud che ha sempre avuto dentro di sé e lo ha raccontato in tante canzoni, ma mai col piagnisteo, la mamma che piange, il povero emigrante… Sì, parlava degli emigranti, della mancanza di lavoro, della fatica nei campi, di quanto è duro fare il pescatore ma lo veicolava, usando un neologismo orribile, in maniera molto fruibile e non pesante.
Ti ringraziamo per questa bella presentazione ricca di aneddoti e racconti…
Grazie a voi e buon lavoro.
Paolo Leone