Il libro di Eraldo Affinati dedicato a don Lorenzo Milani, L’uomo del futuro (ed. Mondadori), è un raffinato esempio di come si possa trattare la figura di un personaggio storico dal punto di vista letterario evitando, per una volta, la forma del romanzo. Dico “raffinato” non a caso, perché nella struttura del racconto lo scrittore, finalista nell’edizione 2016 del Premio Strega, usa la forma della seconda persona, in un dialogo costante con se stesso che arriva, in alcuni passaggi, ad assomigliare alla stream of consciousness di woolfiana memoria. Del resto questo escamotage ha esattamente la funzione di sdoppiare le funzioni di ricercatore e di pensatore, permettendo all’uomo Affinati di muoversi liberamente sulla base della propria curiosità andando alla ricerca di echi lasciati da don Milani nei luoghi in cui ha vissuto (vale anche il viceversa: cioè il tentativo di trovare echi dei luoghi nelle azioni e negli scritti del sacerdote), e lasciando poi all’altra parte di sé, quella analitica, il compito di ragionare su questi in seconda battuta. “…per mesi non hai fatto altro che pensare a don Milani, alla sua vita ‘singolare, irripetibile, misteriosa, fulminante’ come l’ha definita David Maria Turoldo. Pareva inseguissi un fantasma che sempre ti sfuggiva. Ma tu non demordevi. Capivi che la sostanza dell’uomo non avresti mai potuto rappresentarla in una definizione, un concetto, uno schema.”
La prima e più diretta conseguenza di una formula tanto poco comune è che il libro si presenta come un mosaico composito, in cui ai capitoli dedicati a don Milani rispondono altri in cui Eraldo Affinati racconta di incontri e persone in diverse parti del mondo, che in prima battuta sembrano non ricollegarglisi affatto. Ma del resto, quando si racconta la storia delle persone cosa sia la verità è impossibile definirlo. Esiste una verità fatta di nomi e date, ed esiste una verità più profonda, intima, soggettiva, fatta di percezioni e di punti di vista. La verità delle motivazioni di un uomo, in cui le azioni e le relazioni della sua vita sono solo il riflesso dei pensieri, quello che si può intuire della sua anima. Ecco quindi la scuola in Gambia e Manfred, il naziskin di Berlino est che si vorrebbe dimenticare; il vecchio insegnante marocchino che preparava i ragazzi nel deserto e le storie di emigranti arrivati a Little Italy quando erano gli italiani ad attraversare il mare in cerca di una vita migliore; i bambini “certificati” a Pechino e i mendicanti di Benares; il piccolo tossicodipendente di Città del Messico e Ivan, l’obiettore di coscienza di Volgograd. Storie e ritratti raccontati con pudore e delicatezza, in maniera diretta e sincera, in cui è fin troppo facile riconoscere le battaglie combattute a suo tempo da don Milani e in parte vissute oggi da Affinati, scrittore e insegnante di italiano in una scuola gratuita per immigrati da lui stesso fondata insieme alla moglie. Battaglie mai vinte, visto che si ripropongono in forme, luoghi, dettagli e momenti diversi ma in fondo sempre drammaticamente uguali.
Non è un libro scorrevole L’uomo del futuro, e non è un libro per tutti. È raffinato ed è un libro di contenuto, ma non è un libro facile, o comodo, scritto per scalare le vette delle classifiche di vendita o di gradimento (anche se, grazie alla risonanza per il secondo posto al premio Strega, probabilmente nelle classifiche di vendita comparirà). Ricorda per certi aspetti la struttura di Artemisia di Anna Banti, in cui solo chi conosce già la storia della pittrice caravaggesca può seguire agevolmente la narrazione della scrittrice sospesa tra il suo presente e quello della sua eroina d’elezione. Lo stesso capita nelle 177 pagine di Eraldo Affinati, ma con la differenza che in questa sua fatica letteraria esiste e si intuisce presto una morale, un messaggio al quale alla fine del libro si arriva. Per quale motivo don Milani è ancora così presente nella vita dello scrittore e in fondo di tutti noi? È ininfluente, ai fine del messaggio in sé, il percorso di questo giovane ebreo di famiglia agnostica, figlio di liberi pensatori (e libero pensatore egli stesso) che si converte e diventa poi un prete a fianco degli ultimi, capace di combattere battaglie politiche e sociali in favore della scolarizzazione, dell’uguaglianza, dell’obiezione di coscienza. Il messaggio di Affinati è che quelle conclusioni inevitabilmente sono le stesse a cui ognuno di noi arriva, o dovrebbe arrivare, una volta stabiliti i confini delle proprie etica e morale. E per questo L’uomo del futuro di Eraldo Affinati è, meriti letterari a parte, un libro potente. Raffinato, colto, forse non facile ma potente.