Leggendo il nuovo libro di Flavio Insinna, La macchina della felicità (Mondadori), mi è apparso, per una strana associazione d’idee, il viso di Pierrot, la maschera francese simbolo di nostalgia e di tristezza. C’è qualcosa che lega Pierrot a Vittorio, il protagonista de La macchina della felicità, e certo non è l’amore per Laura, la cassiera del cinema frequentato puntualmente ogni martedì dal personaggio creato da Flavio Insinna. Laura non è Colombina, per fortuna. Vittorio, prima di conoscere la sua amata, si lascia vivere, immerso nella caducità dell’esistenza. Soffre d’insonnia, eppure dorme perennemente, lavora e vive in un casinò, dove ci sono le macchine dell’infelicità. E` metodico, quasi compulsivo, e ama i film perché, sostiene, la settima arte ci fa vivere in un mondo illusorio che nella vita non possiamo permetterci. Una sala cinematografica è «il luogo dei sogni». Dice. Allora, mentre le pagine scorrono sotto i nostri occhi attenti, incontriamo Paul Newman e il Tom Cruise de Il colore dei soldi ma anche i due Vittorio, De Sica e Gassman. E poi… American Gigolò, Pretty Woman, Fellini, Sergio Leone….
E tra un film e l’altro, tra una citazione e l’altra, a Vittorio un martedì qualsiasi di un mese qualsiasi però qualcosa accade; una sorta di strappo fa decadere gli schemi mentali di quest’uomo e così si ricomincia a sognare, come quando eravamo bambini, ignari dello scorrere del tempo e perciò collegati al qui e ora. A cinquant’anni il protagonista scopre l’amore, quello che ti fa compiere follie. Vittorio non è più un Pierrot dei nostri giorni perché tra le braccia di Laura dorme come non aveva mai fatto prima. Il suo cuore sa che solo l’amore, quello autentico, può salvarlo. La felicità è a portata di mano, ma per trovarla basta solo cercarla e volerla?
“La partita quella vera mica l’ho giocata. Ho vissuto com’è capitato e mi sono fatto piacere tutto per non raccontarmi la verità. (…) E` Laura il mio anno zero. (…) Con lei belle e brutte che siano le emozioni sono nuove”.
Flavio Insinna nel suo nuovo libro ci dà un messaggio forte con uno stile semplice e con capitoli brevi. Il protagonista de La macchina della felicità racconta come trascorre le sue giornate parlando in prima persona e conducendoci nella dolce trappola del gioco d’azzardo. A volte egli è ironico, in altre occasioni è nostalgico ma i riferimenti alla storia del cinema mondiale sono una costante in un libro incisivo e vero, perché Vittorio può essere chiunque. Io e anche tu che mi leggi. Colpiscono le descrizioni di persone e cose. Colpisce la capacità di Flavio Insinna di riportare su carta Roma e le sue mille antinomie. “Il tramonto di Roma. E` una corda che t’impegna a questa città, anche se la odi non te ne puoi andare”, scrive. Incontriamo tra le pagine la simpatica Nonna Alba, che ha fatto della sua vita una perenne ricerca della felicità assaporata e vissuta, la Polinesia, tanto desiderata da Laura, e Giulia, adolescente che, siccome si sente in colpa per l’infelicità di sua madre, scaccia tutti con rabbia perché teme di essere accusata e respinta.
Flavio Insinna ne La macchina della felicità narra le alienazioni della società contemporanea e, a tre anni dal libro d’esordio Neanche un morso all’orecchio, il presentatore televisivo ci commuove di nuovo augurandoci tra le righe Kia Ora, che nella lingua dei Maori vuol dire buona fortuna. Buona vita.
Maria Ianniciello