Di Francesco Hayez (1791-1882) Giuseppe Mazzini scrisse: “E` l’artista più inoltrato nel sentimento ideale che noi conosciamo”. Dal 7 novembre 2015 a Milano una mostra ne celebra il talento, con 120 opere, tra cui le tre versioni de Il Bacio.
Se qualcuno – quando ero solo un’adolescente illusa e romantica, che leggeva i libri di Jane Austin e di Louise May Alcott, ma anche la serie Harmony (custodita gelosamente sotto il mio letto), – mi avesse chiesto in quale epoca mi sarebbe piaciuto vivere, avrei risposto senza esitare «nell’Ottocento» e poi mi sarei messa a spiegarne i motivi. Con la passione e l’impeto che mi ha sempre contraddistinto, avrei detto che mi affascinavano gli ideali romantici e che stavo mettendo in pratica il concetto mazziniano di «pensiero e azione», cioè quella forma mentis che negli anni mi avrebbe permesso di realizzare tante cose e al contempo di farmi precipitare nell’incertezza più totale, rendendo la mia vita metaforicamente avventurosa. Il Romanticismo mi rendeva parte di un grande progetto di unione nazionale, perché, dopo secoli e secoli di dominazione straniera, l’Italia non era più la serva, descritta dal Sommo Poeta, ma Regina. «Finalmente», mormoravo sfogliando le pagine dei libri di critica letteraria e di Storia dell’Arte. E grande fu la mia meraviglia quando vidi per la prima volta Il Bacio di Francesco Hayez, uno dei dipinti più rappresentativi del Risorgimento Italiano.
Perciò – mentre la mia fantasia galoppava – io chiedevo delle risposte. L’obiettivo? Dare un’identità al misterioso ragazzo, che, con il volto seminascosto dal cappello, il pugnale sotto il mantello e il piede poggiato sullo scalino, in una posa teatrale, baciava la sua amata. Francesco Hayez realizzò tre versioni dell’opera; la prima fu esposta a Brera nel 1859. Il pittore, che frequentò lo studio di Canova, nel dipinto affronta i temi dell’epoca ma collocando i suoi appassionanti personaggi in un altro contesto storico – nel suo caso in pieno Medioevo – proprio come si usava fare nel 1800 (Pensate a Manzoni e ai suoi Promessi Sposi per esempio). Hayez esaltò la nuova generazione di giovani che, con passione, doveva uscire dalle lotte d’indipendenza per affermare l’unità nazionale; e tutto questo decretò il suo successo, tanto che Il Bacio fu esposto alla Mostra Universale di Parigi nel 1867, attirando l’attenzione di Rossini. L’abito lucente della fanciulla ritratta – che fu definito da Carrà, agli inizi del Novecento, «di latta» – era la dimostrazione di una straordinaria capacità tecnica del pittore nato in Veneto ma formatosi a Roma e trasferitosi poi a Milano, dove i suoi lavori furono particolarmente apprezzati. Qui, a distanza di due secoli, una mostra gli rende omaggio. L’esposizione – inaugurata il 7 novembre 2015 e visitabile fino al 21 febbraio 2016 presso la Galleria d’Italia di Piazza Scala – comprende 120 opere, tra cui le tre versioni de Il Bacio. La mostra è curata da Fernando Mazzocca ed è coordinata da Giancarlo Brunelli. Hayez fu rappresentante, dunque, di un’epoca importante, anzi necessaria, per l’Italia. Nei suoi lavori era evidente uno spirito patriottico, appassionato e ricco di suggestioni ma anche la forza dirompente del Naturalismo che ritroviamo nella pittura veneta cinquecentesca, come si evince ne I vespri siciliani (1846).
Info aggiuntive
Chi: Francesco Hayez
Dove: Milano – Gallerie d’Italia, Piazza Scala
Quando: Dal 7 novembre 2015 al 21 febbraio 2016
La mostra è organizzata dall’Accademia di Belle Arti, dalla Pinacoteca di Brera di Milano e dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia.
Per informazioni su orari: www.gallerieditalia.com/hayez