Herb Ritts in mostra a Milano: recensione

Ci sono momenti in cui ci si rende conto del passare del tempo. Quando, per esempio, visitando la mostra Herb Ritts – In Equilibrio allestita da Alessandra Mauro a Milano nel Palazzo della Ragione Fotografia fino al prossimo 5 giugno, si legge la data della scomparsa di Ritts e ci si rende conto che sono passati ben 14 anni da allora. E subito dopo si ha il senso della sua grandezza come artista (il termine “fotografo”, anche se corretto e se mi troverò ad usarlo in questo articolo, è comunque riduttivo) osservando con aria critica – nel senso assolutamente più costruttivo del termine – il suo lavoro. Le oltre 100 fotografie che compongono la mostra sono senza età. Moderne e “parlanti” come se fossero state scattate ieri o stamattina. O domani, se fosse possibile immaginare una macchina del tempo. Ma del resto è questa la grandezza di certi artisti. Alcuni seguono un filone, altri creano mode, altri sconfiggono il tempo. Gli scatti che la Herb Ritts Foundation ha prestato per la mostra hanno infatti oggi la stessa freschezza che avevano appena fatti e il tempo passato, lungi dall’averli invecchiati, ha fatto solo acquisire loro un valore maggiore visto che li ha resi una sorta di testimonianza storica diretta. Perché sono immagini che, al di là dell’eleganza e della composizione, permettono di indagare negli anni ’80 e ’90 con l’occhio di un sociologo (oltre che di un esteta). Per questo ho trovato davvero emozionante questa retrospettiva, strutturata in un percorso a labirinto (ma assolutamente a misura di visitatore), in cui le suggestioni esterne sono ridotte al minimo per permettere di immergersi nelle immagini. Immagini che vanno al di là dei cliché di un’epoca (gli anni ’80 non sono solo colori fluo, pettinature imbarazzanti e moda datata che vediamo nei film e telefilm del periodo) e permettono di ritrovare una verità e una sincerità che spiazza. I visi, gli sguardi, le forme, la materia che Ritts fotografava acquistavano vita, diventavano parlanti, in una ricerca che prosegue senza soluzione di continuità dalla curiosità del fotografo pronto a documentare il momento per arrivare fino all’occhio di chi apprezza il risultato, ieri come oggi, cancellando il gap temporale.

Stephanie, Cindy, Christy, Tatjana, Naomi, Hollywood 1989
Stephanie, Cindy, Christy, Tatjana, Naomi, Hollywood 1989

Alcune delle fotografie esposte a Milano sono troppo famose per non provare il brivido dell’incontro con ciò che possiede ormai lo status di icona. Per esempio quando si arriva davanti alla celeberrima foto scattata nel 1989 da Ritts con cinque tra le più importanti modelle del periodo nude e strette in una composizione tenera e plastica al tempo stesso: una foto che non si limita a immortalare un canone di bellezza declinato in cinque diverse “forme”, ma racconta come in un romanzo la storia e il carattere di ognuna di queste donne. Oppure quando si vede la fotografia con il modello a torso nudo in una officina che tiene in mano dei copertoni, diventata un punto di svolta dell’immaginario erotico collettivo equiparando il corpo maschile a quello femminile come oggetto di desiderio. Come si intuisce dal numero di opere esposte questa mostra Herb Ritts – In Equilibrio è decisamente esaustiva, e prosegue con altre quattro sezioni: quella dedicata ai ritratti (il volto di Madonna all’apice della sua popolarità non è solo il ritratto di una star, ma di una donna di successo e l’immagine che lei aveva – e forse ancora ha – di sé), quella dedicata ai molti spot commerciali o videoclip per MTV (si va da “Cherish”, sempre di Madonna, a “Wicked Games” di Chris Isaak agli spot per Calvin Klein) e quella sul corpo in movimento. Ma è forse stata la parte della sua produzione artistica che conoscevo meno, e cioè quella dedicata al continente africano, ai suoi paesaggi e alla sua cultura che mi ha colpito maggiormente. Trovare punti di contatto tra mondi e linguaggi (in questo caso visuali) lontanissimi tra loro credo sia una delle più alte forme di creatività e illuminazione che si possano raggiungere, e gli scatti-reportage che testimoniano i suoi viaggi (l’ultimo dei quali anche poco tempo prima della sua morte), inequivocabilmente “firmati” Ritts, anche se ritraevano soggetti molto distanti da quelli che siamo soliti associare alla sua poetica, hanno un fascino indescrivibile. A parole almeno.

Ma del resto, questo stile “Ritts” (uno stile evidentemente innato, visto che la sua carriera come fotografo è partita assolutamente per caso, grazie a una foto scattata ad un giovane attore suo amico e del tutto sconosciuto: Richard Gere) è uno di quelli assolutamente riconoscibili e inimitabili, nell’epoca d’oro della fotografia che trasformava i fotografi, capaci di farsi identificare immediatamente solo guardando una loro composizione, in vere pop-star (come Mapplethorpe, Helmut Newton, Elisabetta Catalano…). Un’epoca d’oro, raccontata proprio da mostre come Herb Ritts – In Equilibrio, che possiamo solo augurarci possa ispirare le nuove leve e torni perciò a risplendere. Potete visitarla fino al 5 giugno 2016. Clicca Qui per leggere anche il commento dell’esperto d’arte, il professor Elio Galasso.

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