Che il potere affascini gli esseri umani è un dato di fatto ma che ciascuno lo eserciti, secondo le convinzioni dominanti individuali e collettive, è meno noto! Questo argomento affascinò talmente tanto il filosofo e psichiatra James Hillman da indurlo a dedicarvi un libro che s’intitola appunto ‘Il potere’ (BUR – Rizzoli).
Il sottotitolo è molto esplicativo e per questo trae in inganno. ‘Come usarlo con intelligenza’, si legge infatti sulla copertina. Ma non vi aspettate un classico manuale di self help, magari scritto velocemente, giusto per far proseliti. Di pratico in questo volume, in effetti, c’è ben poco e, quindi, rimarrà deluso quel lettore che cerca di dare una svolta alla sua vita per esempio, imparando, grazie a questo testo, a comunicare meglio magari manipolando gli altri.
Il Potere di Hillman e la realtà psichica
‘Il potere’ è un libro sulla psicologia del business, come sostiene lo stesso autore. La prima edizione uscì nel 1995 e fu una risposta alle innumerevoli sfide psicologiche di fine secolo. Secondo Hillman, l’economia era il Dio della civiltà mondiale, nella quale l’individuo non poteva essere scisso dalla collettività, perché, per il filosofo statunitense, quando il mondo crolla e ha la morte nel cuore anche l’individuo soffre.
Hillman scrive nel libro di realtà psichica che viene vista come una sorta di anima mundi o psiche mondiale politeistica. Per lo psicanalista, il potere – che l’essere umano insegue – è basato sul dominio della forza, perché “buona parte del mobilio essenziale delle nostre menti è stato messo lì dai vittoriani, nei sessant’anni compresi tra il 1830 e il 1890, all’epoca dell’industrialismo e dell’imperialismo”. Da allora, sostiene Hillman, abbiamo cominciato ad esaltare l’impresa eroica che ha la meglio sulle circostanze avverse grazie alla forza di volontà.
Si è diffuso così il darwinismo sociale, le cui parole chiavi sono progresso, crescita ed efficienza che manifestano nella religione del business il loro lato più oscuro. L’efficienza, per esempio, “favorisce il pensare a breve scadenza”, producendo un’insensibilità nel sentire. Hillman, dunque, parla di tirannia dell’efficienza che produce un moto di ribellione nei lavoratori.
Nel primo capitolo l’autore si sofferma sull’eroica del potere mostrandoci come l’idea di cura e di servizio sia stata messa da parte a favore della produttività. Tutti i lavoratori sono concepiti come macchine da lavoro, eppure, per Hillman, il servizio accresce il potere individuale perché la persona che serve non svolge una gentilezza soggettiva ma un rituale obiettivo.
Gli stili di potere e la visione politeistica del mondo
Il libro è suddiviso in tre parti, nella seconda parte si esaminano gli stili di potere. Qui non si esprimono giudizi ma semplicemente vengono descritte le idee tipiche associate al potere. Nell’ultima parte del libro, invece, ci si addentra nei miti del potere e quindi negli archetipi che governano la religione del business e non solo. Infatti, i problemi e le decisioni hanno un contesto archetipico che influenza la retorica del nostro pensiero, l’interiorità del nostro sentimento e gli effetti che produciamo sugli altri.
Secondo Hillman, il contesto archetipico è come un campo che tiene insieme noi, il problema o la decisione, e il mondo in una storia comune senza via d’uscita che i greci chiamavano la trama o il mito che governa i destini. Gli dei dell’antica Grecia sono dunque diventati (come sosteneva Jung) le malattie del nostro tempo che emergono nell’inconscio individuale e collettivo.
Il potere dei miti
Hillman aveva una visione politeistica del mondo come si evince ne ‘Il potere’. Secondo il pensatore junghiano, i poteri fondamentali dell’immaginazione sono i miti invisibili che governano noi stessi e lo spirito del tempo. Essi dispongono dei nostri pensieri e delle nostre azioni in linea con modelli universali (gli archetipi). Pertanto, “il multiculturalismo non può uscire fuori dal crogiuolo che è stato fuso nel bronzo in Grecia secoli fa”.
Siamo pervasi da quelle idee e da tutto ciò che è subentrato dopo, come il divario tra amore e potere che non sono in contrapposizione, ribadisce Hillman, perché nel potere c’è l’amore e viceversa. Nel buio c’è già la luce e viceversa. Anche la religione del business è politeista come tutta la nostra esistenza del resto. Almeno questo è ciò che si evince in questo volume.
Insomma, ‘Il potere’ è un libro piuttosto complesso, molto analitico, che non rende assoluti i concetti, non dà risposte certe e anestetizzanti né fa una previsione di come sarà il mondo. Si tratta, in realtà, di un volume sorprendentemente attuale che necessita di più letture e più momenti di riflessioni; di conseguenza va letto con calma per metabolizzare concetti non immediatamente accessibili.
Questo articolo è stato scritto da Maria Ianniciello, seguila su Instagram