Il mio nome è dimenticato. Ma si è cantato di me, nel canto ho molti epiteti, e uno di essi è l’Immortale. Che questo basti per ora. Sono nato sulle rive di un fiume, il Gudena, avvolto in un panno, posato in una cesta e spinto fra le correnti. Mia madre era vergine. Un nuovo millennio era appena iniziato. Non sono l’unico a essere venuto al mondo in quel modo, sono stati scritti canti e raccontate leggende su diversi di noi. Il potente re Sargon di Akkad, il guerriero indiano Karna figlio del sole, il profeta ebraico Mosè. Non ero l’unico nemmeno quel giorno.
Il canto dell’Immortale (Longanesi, pp. 432, Euro 19,90) è la storia di un uomo e di una vita lunga cinque secoli. Ma, soprattutto, è una storia d’amore. Dall’anno Mille, segnato dai terrori superstiziosi per l’inizio del nuovo millennio, fino agli albori del Rinascimento, passando per le Crociate e la peste del 1300, l’immortale voce narrante di questo romanzo intreccia la sua esistenza con quella delle persone comuni, che nel mondo vivono e soffrono cercando un senso ai loro affanni. E l’Immortale sconta la condanna alla vita eterna e paga le conseguenze di un amore spezzato, cantando le gesta di guerrieri ed eroi, di streghe e menestrelli, di malfattori e poeti, nel tentativo continuo di comprendere e spiegare i grandi temi dell’umanità: le passioni terrene, la fede, il dolore, la morte. E primo fra tutti il sentimento che, nella sua ineffabilità, rimane sempre uguale a se stesso: l’amore.
Jeanne Kalogridis è una studiosa di storia medioevale, da cui trae ispirazione per i suoi romanzi ambientati nell’Italia del Rinascimento, che ricostruisce con gusto moderno dando vita a personaggi femminili forti e passionali e intrecci avvincenti ricchi di storia, arte e brivido.