La mostra Hokusai Hiroshige Utamaro, inaugurata lo scorso 22 settembre a Palazzo Reale di Milano, dove resterà fino al prossimo 29 gennaio 2017, è l’occasione per approfondire con una visita le radici dell’arte visuale e dello stile giapponese che sono ormai molto conosciuti anche nel nostro Paese, ma forse non esattamente compresi fino in fondo. Questi tre grandi maestri incisori nati e vissuti a cavallo tra 18esimo e il 19esimo secolo (Katsushika Hokusai 1760-1849, Utagawa Hiroshige 1797-1858, Kitagawa Utamaro 1753-1806), sono presentati al grande pubblico attraverso un corposo campione espositivo – che comprende oltre 200 xilografie policrome e una serie di libri illustrati – prestato alla mostra, curata da Rossella Menegazzo, dall’Honolulu Museum of Art. L’occasione è il centocinquantesimo anniversario del primo Trattato di Amicizia e Commercio che Italia e Giappone siglarono nell’agosto 1866, le cui celebrazioni continueranno con una serie di eventi non ultimo dei quali sarà l’inaugurazione della stagione scaligera con la prima di “Madama Butterfly” il prossimo 7 dicembre. Lo stile che li ha resi celebri è quello dell’ukiyoe nel periodo Edo (1615-1868). Yo (mondo) e uki (fluttuante) erano termini usati inizialmente nella filosofia buddhista che invitava a distaccarsi dalle cose terrene, ma con la nascita di una classe sociale media abitante nelle città diventarono, a partire dal ‘600, il modo con cui si indicavano i piaceri fugaci della vita, che andavano colti e assaporati prima che scomparissero. Da qui lo stile ukiyoe (immagini del Mondo Fluttuante), che rappresenta il tentativo di portare una forma d’arte a prezzi abbordabili alle masse, fornendo un’alternativa al lavoro elitario dei pittori che producevano opere solo per le classi più abbienti. Il “multiplo” che sarebbe stato ipotizzato dalla nostra pop-art un secolo e mezzo dopo diventa quindi xilografia e va a rappresentare tutta una serie di soggetti che il potenziale target poteva apprezzare. Scene di vita quotidiana, natura e paesaggi (spesso organizzati in una sorta di raccolta-percorso a metà tra il taccuino di viaggio e il National Geographic dei giorni nostri), poesia, leggende e miti, bellezza femminile e piaceri edonistici. Il percorso espositivo è molto ben esposto e articolato in cinque diverse sezioni: Paesaggi e luoghi celebri; Tradizione letteraria e vedute celebri; Rivali di “natura”: Hokusai e Hiroshige; Utamaro: bellezza e sensualità; I Manga: Hokusai insegna.
Nella prima sezione della mostra Hokusai Hiroshige Utamaro, intitolata Paesaggi e luoghi celebri vediamo, dopo una raccolta di paesaggi che presentano famose cascate o ponti, come l’influenza tra il blocco occidentale e il Giappone fu, non appena l’embargo culturale venne abbassato, a doppio senso. Non soltanto i nostri artisti s’ispirarono allo stile giapponese (basti pensare alla raccolta di stampe in stile japonaiserie di Van Gogh, o all’ispirazione per le ninfee di Monet…) ma anche gli artisti giapponesi fecero ben presto propri gli studi sulla prospettiva (ukie) che vengono presentati nella mostra. Segue poi la famosissima serie delle Trentasei vedute del Monte Fuji di Hokusai (datata 1830-32) che si apre in una grande sala di forma ovale. Al centro la prima tavola dell’opera, la “Gioconda” dell’arte giapponese: La grande onda di Kanawaga che ha ispirato e continua a ispirare anche la nostra cultura (che pur, estrapolandola dalla serie, finisce per regalarle un significato leggermente diverso, occidentalizzato, avendola declinata in poster, tatuaggi, gadget, copertine di cd…). In Tradizione letteraria e vedute celebri invece due diverse serie di Hokusai mettono in risalto l’aspetto culturale che occasionalmente potevano assumere le xilografie, con riferimenti a poesie e poeti classici a cui venivano dedicate illustrazioni che ne coglievano lo spirito. Nella terza sezione Rivali di “natura”, la “pittura di fori e uccelli” a firma di Hokusai e Hiroshige dimostra la conoscenza del mondo animale e vegetale e quanto questi siano vicini allo spirito del Giappone del periodo, vicino alla Natura e alle sue manifestazioni più piccole che meritano lo stesso rispetto e cura delle grandi vedute e panorami. In Bellezza e sensualità è la figura umana secondo Utamaro ad essere al centro della scena. Fu proprio la bellezza femminile (inizialmente di cortigiane e, in seguito, quando fu proibito rappresentare scene tratte dai “quartieri del piacere”, di donne comuni) dipinta da questo raffinato ritrattista che finì per dettare le regole che resistono ancora oggi come paradigma di un archetipo.
Nella quinta e ultima sezione della mostra, Hokusai Hiroshige Utamaro, infine, sono presentati I Manga di Hokusai, manuali di disegno che insegnavano agli aspiranti artisti con esempi pratici come disegnare i più differenti soggetti. Persone, espressioni, animali, paesaggi… fu probabilmente attraverso questi piccoli libri che molti artisti europei poterono studiare e interiorizzare il metodo di una tradizione che non apparteneva alle loro radici culturali, e vederli esposti al termine di questo percorso espositivo è un efficace messaggio e trait d’union con la nostra Storia dell’Arte. La mostra propone anche un interessante documentario che dimostra come si realizzassero le xilografie esposte utilizzando le stesse tecniche adoperate da questi grandi maestri. Come i lavori che possiamo ammirare fossero il frutto di un artista che produceva un disegno, di come questo venisse trasferito e inciso in lastre di legno di ciliegio suddivise in diverse matrici (una per colore) e infine stampato con una tecnica che permetteva di ottenere le caratteristiche sfumature di colore che ancora oggi stupiscono per la modernità e la precisione e che per l’appunto ritroviamo nella moderna grafica nipponica, nei manga, negli anime, che dopo una visita a Hokusai Hirishige Utamaro forse è possibile comprendere ancora meglio.