Ascolta un estratto dell’intervista allo scrittore inglese Nick Hornby
Non chiedetegli del libro di Gillian Flynn Gone Girl perché otterrete come risposta un silenzio. A parte questo Nick Hornby, uno degli scrittori inglesi più apprezzati dell’età contemporanea, è aperto al dialogo in qualunque direzione. Lo abbiamo intervistato in esclusiva in occasione della premiere europea al London Film Festival di Wild, il film di Jean-Marc Vallée tratto dall’omonimo best seller di Cheryl Strayed, di cui ha curato l’adattamento. Oltre al film, lo scrittore ci ha regalato delle anticipazioni sul suo nuovo romanzo Funny Girl, in uscita il 6 novembre.
Quale è stata la difficoltà più grande nello scrivere l’adattamento cinematografico di un libro così personale come Wild di Cheryl Strayed?
La sfida non è stata tanto quella di affrontare un lavoro di natura personale ma piuttosto quella di trasformare il libro in un film. Io ho provato a tirare fuori dal romanzo la sua interiorità e di condensare gli eventi narrativi più importanti. Da scrittore la cosa più importante è viaggiare con l’immaginazione. Poi devo dire di essere molto interessato al racconto delle costrizioni che spesso sono costrette a subire le giovani donne come lei.
Lei era un fan del libro ancora prima di curare il suo adattamento. Perché l’ha amato così tanto dal momento in cui l’ha letto?
L’ho trovato emotivamente devastante e sono piaciuti subito la scrittura e lo stile diretto e personale di Cheryl. Ho immediatamente riconosciuto la sua sensibilità da un punto di vista culturale. Poi, il libro è scritto dal punto di vista di una donna che non sa esattamente che cosa sta facendo e io credo che ognuno di noi si sia ritrovato a un certo punto della vita in quella stessa situazione anche se percorrere 1000 km non è da tutti!
Ha definito il libro “bello come una canzone di Bruce Springsteen”. Quanti dei riferimenti musicali sono attribuibili al suo gusto nel film?
Quando sentite cantare Reese allora vuol dire che la canzone era citata nel libro, altrimenti sono mie scelte. La musica gioca un ruolo importante perché è legata a un momento duro e delicato della vita di Cheryl.
Cheryl ha contribuito al processo di scrittura?
No, però ci siamo scritti diverse email, siamo diventati amici ed è venuta a trovarmi anche un paio di volte a Londra e io sono andato negli Stati Uniti. Abbiamo parlato del progetto ma lei ha letto delle bozze, non è stata una scrittura a quattro mani.
Come è stato avere come produttrice l’attrice protagonista Reese Witherspoon?
Credo che il suo doppio ruolo sia stato un vantaggio per il film. E’ stata una produttrice fantastica. Non avevo mai lavorato prima con una star hollywoodiana così disponibile che non usasse tramiti per entrare in contatti con me o con gli altri. Solitamente abbandoni il progetto ancora prima di cominciare perché senti questi attori fin troppo distanti da te. Con lei è stato totalmente diverso. Ho anche apprezzato che non abbia voluto appoggiarsi agli Studios hollywoodiano per non sottostare alle condizioni che le avrebbero imposto.
Ci parla un po’ del suo nuovo libro Funny Girl?
E’ un romanzo che viene fuori dalle mie esperienze degli ultimi tre o quattro anni. Ho valutato bene quanto hanno funzionato o meno i miei scritti in televisione e al cinema. Volevo scrivere di collaborazione e di cosa significhi essere parte di un team al servizio di un progetto entusiasmante. Il libro parla, infatti, di un finto set di una sitcom inglese degli anni Sessanta, in pratica della vita e della morte di un bel programma televisivo e tutti gli addetti ai lavori coinvolti nella sua lavorazione.
E quali sarebbero le costrizioni che il personaggio femminile del libro deve affrontare?
Si tratta di una donna molto bella che però vorrebbe non esserlo. All’inizio vince un concorso di bellezza ma poi si convince di essere una brava comica.
Che cosa ne pensa delle difficoltà che sta incontrando la Witherspoon in quanto donna nell’impostazione della sua casa di produzione?
Credo che siano ridicole e mi chiedo quand’è che il cinema sia regresso a un punto tale. La sua risposta a queste difficoltà sono state le produzioni di Wild e Gone Girl, che hanno come protagoniste delle donne intelligenti e complesse. Io sono veramente nauseato da questo sessismo perché penso che oggi le attrici donne siano molto più talentuose degli uomini. E’ ridicolo pensare che Julianne Moore o Emma Thompson abbiamo difficoltà a essere ingaggiate. Io posso solo dire che scriverò tutte le sceneggiature necessarie perché queste straordinarie attrici possano avere lo spazio che meritano.
Una curiosità, qual è la sua routine quotidiana?
Ho un appartamento a dieci minuti a piedi da casa. Accompagno mio figlio a scuola poi rientro e lavoro tutta la giornata. Scrivo al computer perché ho una scrittura davvero terribile. Sono fortunato a potermi definire uno scrittore, uno sceneggiatore e un giornalista. Organizzo la mia routine tenendo conto di quale dei tre lavori mi è stato richiesto. Raramente faccio tutte e tre le cose contemporaneamente.
In una sua recente intervista ha dichiarato che i libri dovrebbero essere come la televisione. Cosa intendeva dire?
Mi sembra che spesso le persone leggano più per dovere che per piacere. Io mi rivolgo a quella fetta di pubblico per chiedergli di leggere ciò che veramente gli piace, altrimenti mettetelo da parte, vi prego! Voglio che la gente si diverta a leggere così come a guardare la tv ma questo può avvenire solo se si scelgono i libri che ci parlano.
Quindi lei pensa ai suoi lettori mentre scrive?
Sì, odio quegli scrittori che dicono di scrivere per se stessi. E’ una stupidaggine. Quel libro andrà in libreria con un prezzo e deve valerlo. Sono terrorizzato dall’idea di annoiarmi e di annoiare.
Rosa Maiuccaro
Foto by Tim P. Whitby/Getty Images for BFI