Discepolo di Gualtiero Marchesi e Alain Ducasse, Davide Oldani è a sua volta diventato un maestro. Un maestro molto particolare, come dimostra questo libro, Il giusto e il gusto (Feltrinelli, 128 pagine, 10,12 euro), in uscita il prossimo 5 settembre. Piuttosto che lasciar cadere dall’alto sapere ed esperienza, Oldani sembra porgere dell’uno e dell’altra la condivisibilità, i princìpi (semplici, di buonsenso) che è venuto, quasi automaticamente, scoprendo lungo la strada percorsa. Già, la strada. Che non è dritta, non è il rettilineo dell’ambizione ma il cerchio, l’andamento curvilineo di chi, andando, continua a poter contemplare la casa da cui è partito, ogni tappa, ogni sosta, ogni avvio, e la casa a cui tornare.
La Cornaredo dell’infanzia, la Cornaredo dell’Oldani giovane promessa del calcio, diventa la sede del ristorante d’o, dove ora è il mondo a venire. E proprio perché è necessario ospitare il mondo, Oldani pensa a una cucina di ingredienti non inutilmente costosi, pensa a posate disegnate perché siano utili, a sedie e tavoli che siano comodi, a spazi fra tavolo e tavolo che stabiliscano, se è il caso, relazioni ma non impongano eccessiva vicinanza. Lui che ha imparato la vastità degli oceani, lui che ha appreso la peculiarità delle cucine internazionali, ci dice come tornare con leggerezza ai piatti tradizionali rinnovandoli dall’interno – zafferano e riso alla milanese, midollo di bue con scarola, vellutata di legumi, la celeberrima cipolla caramellata. Oldani ci parla, in questo libro, di princìpi condivisibili, di modelli comportamentali e imprenditoriali di grandissima essenzialità.
Ci racconta di uno chef che non solo sta in cucina ma la pulisce quando è il caso, che sta dove si inventano i piatti con lo sguardo di un solerte padrone di casa. Che si trova a suo agio nella lode alla leggerezza di Calvino e la traduce nell’armoniosa affabilità dei sapori.
Davide Oldani. Uscito dalla scuola alberghiera, Davide Oldani ha cominciato subito a lavorare da Gualtiero Marchesi. Poi, l’esperienza internazionale: con Albert Roux al Gavroche di Londra, con Alain Ducasse al Louis xv di Montecarlo, con Pierre Hermé da Fauchon a Parigi. Poi ancora eccolo a New York, Tokyo, in California e a Barcellona. Nel 2003 è tornato nel suo paese d’origine, Cornaredo, e ha aperto d’o, un ristorante che unisce altissima qualità e prezzi contenuti. L’anno dopo si è aggiudicato una stella della guida Michelin. Nel dicembre 2008 ha ricevuto l’Ambrogino d’oro dal Comune di Milano. Ha pubblicato Cuoco andata e ritorno (2008), La mia cucina pop. L’arte di caramellare i sogni (2009) e Pop. La nuova grande cucina italiana (2010). La sua attività di designer, nata dall’osservazione quotidiana dell’ospite, rispecchia quella di cuoco. Tavoli, sedie, piatti, posate e bicchieri sono ispirati al pop: semplici, funzionali, eleganti.