Lettera aperta di Palmira Oliva al MIUR. Riceviamo e pubblichiamo:
«Spett.le MIUR
Roma
Mi chiamo Palmira Oliva, sono laureata in Lettere Classiche e sono attualmente dottoranda in Filologia classica presso l’Università degli Studi di Salerno. Come molti dei miei colleghi, ho preso parte ai test di accesso al TFA della cdc A051, A043/050 e A052. Ancor prima di conoscere tramite Cineca i risultati ufficiali dei suddetti test già so – la matematica NON è un’opinione nemmeno per noi laureati in Lettere – di essere esclusa dalle cdc A051 e A043/50 per via di un numero di errori maggiore a quello consentito.
Nel contempo – fermo restando che la matematica sia scienza del vero – so di aver umericamente raggiunto il minimo richiesto per la cdc 052, che alla fin fine è il mio ambito di studio e, a rigor di logica, l’hoc in votis. Dopo le prove e già cosciente dei risultati, ho aderito ai documenti di segnalazione di errori promossi dai miei colleghi e ho deciso di redigere la presente per un impulso che credo risponda al naturale bisogno dell’intelligere umano.
Seppure fossero date per buone – causa vizi di forma o errore oggettivo – le domande da più parti e da più persone segnalate nei diversi test, la mia situazione personale non cambierebbe: sarei infatti ugualmente sia esclusa dalle cdc A051 e A043/050 e sia ammessa alle successive prove della cdc A052.
Vi scrivo quindi per soddisfare un bisogno umano, sfogare la mia indignazione e manifestare la mia delusione nei confronti del sistema e di chi, in esso, dovrebbe rappresentarmi. Quella del TFA è stata l’ennesima farsa, l’ultima pantomima di cui, nostro malgrado, siamo stati protagonisti noi precari.
Ogni anno, a settembre, si riaccende (per poi rispegnersi poco dopo), la polemica dei quiz di accesso a facoltà come Medicina e Chirurgia. Ogni anno, in questa circostanza, sento dire ed io stessa affermo che i test di accesso sono INCOSTITUZIONALI (giacché premiano non necessariamente la preparazione dei candidati ma anche la loro fortuna) e che nessuno ha il diritto di impedire ad un altro di scegliere ed iniziare un percorso di studi. Tuttavia, i test di Medicina (a cui – per esperienza diretta – so che prendono parte tantissime persone) non rispondono a nessun numero minimo di domande: l’accesso presso ciascuna università è vincolato alla sola graduatoria interna che va ad ammettere i candidati in base al loro posizionamento in essa.
Perché, quindi, pur usando lo stesso sistema (incostituzionale) dei test, alle selezioni del TFA è stato aggiunto il disumano minimum di 42/60?
Quando ho letto per la prima volta il bando di concorso ammetto d’aver pensato che, per materie che conosco dall’età di 6 anni e che da più di dieci anni sono oggetto quotidiano dei miei studi, un totale di 18 errori possibili fosse davvero più che ragionevole se non esagerato. Ho poi compreso a mie spese che quel minimum era la chiave di volta dell’intera faccenda: le domande abbracciavano argomenti che in 20 anni di studi (includo il mio percorso scolastico e la mia carriera universitaria) non ho MAI avuto occasione di incontrare. Parlo di Meneghello, di Luzi, di Michelstaedter, etc etc
Ancora. Come si può non entrare in crisi di fronte a domande di storia che prevedono come possibili risposte quattro date dal punto di vista cronologico immediatamente successive (come esempio, il famosissimo Trattato di Portsmouth firmato nel 1904 o 1905 o 1906 o 1907?). E non solo. Come potrebbe, anche uno specialista, dedurre da appena un paio di versi l’autore e l’opera degli stessi?
E’ stato umiliante, sì, umiliante ritrovarsi di fronte a domande che non volevano misurare il mio livello di preparazione ma essere un legale impedimento alla possibilità di proseguire sulla lunga ed accidentata strada per l’insegnamento.
La presente quindi non è una bolla per una crociata né vuole essere una denuncia di alcuna sorta, è solo la constatazione di una persona offesa che, signori, portata a termine la sua parte nella vostra pantomima esce di scena con un inchino.
Mirabella Eclano, 29 luglio 2012
Palmira Oliva».