La vita bugiarda degli adulti: recensione della serie tv
Perché si raccontano le bugie? Secondo Vittoria (personaggio clou della serie tv La vita bugiarda degli adulti) le bugie rendono felici.
Vittoria – interpretata da una straordinaria Valeria Golino – si muove traballante sui suoi tacchi colorati, ostentando una falsa sicurezza, nella Napoli di sotto, la città dei quartieri, dei bassifondi, dove la vita si consuma, si deteriora e si rinnova mostrandosi in tutte le sue contraddizioni. Con la minigonna, gli occhi marcati e i capellini rossi e ricci, il personaggio di Golino conduce Giovanna (la protagonista della miniserie di Netflix) da una realtà borghese ad un mondo infernale, ovvero dalla Napoli di sopra, rappresentata dal Vomero, alla Napoli di sotto che la giovane Giovanna non conosce perché suo padre Andrea (Alessandro Preziosi) nonché fratello di Vittoria ha voluto tenere ad una certa distanza. Proprio come si fa con le cose sporche che non vuoi vedere perché in fondo sai che sono parte di te.
Ma la ragazza, come ogni adolescente, per evolvere e trovare la sua strada ha la necessità di andare alle origini. E tutto comincia con una frase pronunciata proprio dal padre, secondo il quale Giovanna (Giordana Marengo) somiglia alla zia Vittoria. Una frase detta di getto, senza pensarci, come talvolta fanno i genitori, i quali con superficialità pronunciano parole che poi diventano autentiche profezie.
La ragazza non riesce ad identificarsi nella madre Nina (Pina Turco). La donna, infatti, pende dalle labbra del marito fedifrago e si è adattata ad una quotidianità che forse non le piace fino in fondo. Giovanna ha bisogno invece di conoscere la zia Vittoria per confrontarsi con un modello femminile più selvaggio. E lo fa tramite un braccialetto che scinde e lega. Ma Giovanna ha la necessità di fare a pezzi il conosciuto, con le ideologie, gli schemi mentali acquisiti, le superstizioni, le frasi fatte. Quindi, si separa anche dall’immagine macchiettistica della zia perché vuole trovare la propria autentica dimensione.
La macchina da presa di Edoardo De Angelis si muove sinuosa tra le pieghe di Napoli, traghettandoci tra due mondi apparentemente molto diversi. Il regista è un moderno Caronte (proprio come ne Il vizio della speranza, film del 2018) ma si occulta dietro ai movimenti di macchina per dare voce solo alle immagini che si fanno musica e parole.
Come nel romanzo di Elena Ferrante, dal quale è tratta la serie, La vita bugiarda degli adulti descrive, dunque, il passaggio dall’infanzia all’adolescenza di Giovanna che, per staccarsi dal paradiso infantile, sprofonda nel Ventre di Napoli. La ragazza capisce che gli adulti raccontano menzogne per sentirsi meglio. E lo fa mediante tappe specifiche: all’inizio vede la bellezza, poi conosce la somiglianza, poi indugia nell’amarezza e vive la separazione col senso di solitudine che ne consegue. Infine avverte crescere l’amore per poi scoprire una verità che è solo la sua e che la porterà verso territori sconosciuti.
Insomma la miniserie (gli episodi sono sei), La vita bugiarda degli adulti, è un bruciante percorso di iniziazione ambientato negli anni Novanta che fa riflettere con le considerazioni filosofiche sulla vita, sulla fede e su un improbabile dialogo fra gli ideali del Comunismo e il messaggio di Gesù. Da non perdere!