“Non sia lodato per essere stato un nuovo Apelle, ma perché a te, o Cristo, ho dato tutte le mie ricchezze”.
Con questo epitaffio – che si legge sulla tomba di Beato Angelico, il quale riposa a Roma nella Basilica di Santa Maria Sopra Minerva – Lorenzo Valla rende omaggio al grande artista del Rinascimento, la cui opera simbolo, “L’Annunciazione di Cortona”, è la protagonista indiscussa di una mostra, suddivisa in cinque appuntamenti, allestita presso la Galleria d’Arte Borghese di Roma, nel salone d’ingresso, proprio accanto all’Apollo e Dafne di Bernini.
L’Arte della fede (questo il titolo dell’iniziativa), che è stata inaugurata lo scorso 12 dicembre 2012 con l’opera di Beato Angelico, si prefigge l’obiettivo di spiegare a credenti e non credenti come la fede abbia ispirato l’arte e viceversa. L’evento – ideato in occasione dell’Anno della Fede (11 ottobre 2012 – 24 novembre 2013), che coincide con il 50esimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II – è stato organizzato dal Comitato di San Floriano di Illegio e dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale di Roma.
«Il cammino passa attraverso cinque tappe che sono teologiche e artistiche allo stesso tempo, perché le cinque opere esposte costituiscono rispettivamente un momento concettuale concatenato col successivo in ordine logico e teologico», spiega il curatore, don Alessio Geretti, direttore del Comitato di San Floriano di Illegio. Cinque momenti che ben illustrano il senso profondo della fede, dall’Incarnazione al Mistero della Trinità, dalla Misericordia di Dio alla Persona umana intesa come capolavoro del Signore per arrivare infine alla Salvezza eterna.
«A un tale itinerario teologico corrispondono straordinarie opere d’arte scelte in quanto sintesi tra messaggio spirituale e genialità del linguaggio artistico- continua don Alessio Geretti -. Il primo di questi capolavori non poteva che essere di Beato Angelico per due ragioni: innanzitutto perché Beato Angelico è il patrono dei pittori e degli artisti; la seconda ragione è che egli ha concluso la sua vicenda artistica e spirituale proprio a Roma».
Beato Angelico, conferma don Angelo del Comitato di San Floriano di Illegio, «è un genio sotto tutti i punti di vista», mediante il suo capolavoro «si vuole annunciare l’inizio di un percorso che fa riscoprire l’essenza della fede mediante l’arte».
L’Annunziane di Cortona
L’Annunciazione di Cortona, eccezionalmente concessa dal Museo Diocesano del Capitolo di Cortona e dalla diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, viene indicata come il primo indubbio capolavoro dell’artista. Il modello di Angelico fu principalmente l’Annunciazione di Masolino nella chiesa di San Niccolò Oltrarno, con una partizione dello spazio architettonico al posto del fondo oro e al posto dei tradizionali scomparti cuspidati. Ispirato dalle concezioni architettoniche di Filippo Brunelleschi, il pittore volle portare a perfezione la nuova tipologia di “pala quadrata”, già sperimentata da Masaccio, in cui la sobria cornice impone alla scena centrale l’unità dello spazio governato da precisa prospettiva. L’episodio è ambientato in un arioso loggiato rinascimentale, immerso in un giardino recintato che simboleggia la purezza e la castità della Vergine Maria, seduta in preghiera nel porticato. Le colonne corinzie ricordano invenzioni di Michelozzo, mentre sullo sfondo si apre una parete con archi su peducci, lasciando intravvedere la stanza interna con il talamo nuziale, simbolo dell’Incarnazione del Figlio di Dio come unione d’amore con la natura umana. Il soffitto è trapuntato di stelle, il pavimento è di marmo variegato, un abile effetto introdotto dall’Angelico nel Trittico di San Pietro Martire (1428-1429).
Come spiega Mauro Minardi, del “The Harvard University Center for Italian Renaissance Studies”, il dipinto fu realizzato per la chiesa di San Domenico a Cortona su volontà, come è stato appurato di recente, di Giovanni di Cola di Cecco, mercante di tessuti e membro della confraternita di San Domenico in Cortona. Il committente aveva disposto un lascito destinato alle Messe da celebrarsi nella chiesa il 25 marzo (festa dell’Annunciazione) e deteneva il patronato della cappella dell’Annunziata, nella quale l’opera doveva essere originariamente collocata. Beato Angelico dipinse diverse versioni dell’Annunciazione, sia di piccolo formato, sia nel contesto di una decorazione affrescata, sia infine con la funzione di pale d’altare. «Di queste ultime ne restano altre due importanti versioni: la prima (oggi a Madrid, Museo del Prado) eseguita verso il 1425 per la chiesa di San Domenico a Fiesole, alla cui comunità conventuale l’artista apparteneva; la seconda in antico nella chiesa del convento francescano di Montecarlo, in San Giovanni Valdarno (oggi esposta nel Museo della basilica di Santa Maria delle Grazie), databile nel medesimo frangente, o forse un po’ prima, della tavola di Cortona», afferma Minardi che precisa: «Quest’ultima è la sola, tuttavia, nella quale il messaggio recato dall’arcangelo Gabriele alla Vergine e la risposta di costei sono visualizzati attraverso le iscrizioni in lettere dorate (in senso sia diretto sia contrario rispetto allo sguardo dell’osservatore), esse corrono tra i due protagonisti dell’evento e componengono così un eloquente dialogo muto». Tutte le rappresentazioni dell’Annunciazione traducono in immagine il racconto del Vangelo secondo Luca (capitolo 1, versetti 26-38).
Maria Ianniciello