Eduard Limonov (pseudonimo di Eduard Savenko) è il poeta lirico della violenza rivoluzionaria e della distruzione dell’attuale sistema politico russo. In epoca sovietica, Limonov è stato più un refrattario che un dissidente; dal 1974 è stato esule antioccidentalista negli Stati Uniti dove ha lavorato come maggiordomo di un miliardario; negli anni Ottanta ha vissuto a Parigi; negli anni Novanta ha combattuto a fianco dei četnici serbi, Arkan e Karadžić, nella guerra in Bosnia. Una vita avventurosa culminata con il rientro in patria e la fondazione del Partito Nazional-Bolscevico e del giornale “Limonka”. A questa figura reale, eppure leggendaria, è dedicato il libro di Emmanuel Carrère, Limonov (Adelphi, pp. 320, Euro 19,00), in uscita in questi giorni in Italia.
«Limonov non è un personaggio inventato. Esiste davvero. Io lo conosco. È stato teppista in Ucraina; idolo dell’underground sovietico sotto Brežnev; barbone, poi domestico di un miliardario a Manhattan; scrittore alla moda a Parigi; soldato perduto nelle guerre dei Balcani; e adesso, in quell’immenso bordello che è il postcomunismo in Russia, anziano capo carismatico di un partito di giovani desperados. Lui vede se stesso come un eroe, altri possono giudicarlo un farabutto: io sospendo il giudizio». Così, sulla quarta di copertina dell’edizione francese, l’autore presenta il suo protagonista e il modo in cui lo ha affrontato. E aggiunge: «La sua è una vita pericolosa, ambigua: un vero romanzo di avventure». Un romanzo di avventure, va detto, al tempo stesso avvincente, nero, scandaloso, scapigliato, amaro e divertentissimo: come ogni lettore potrà constatare (e come già hanno constatato con delizia trecentomila lettori francesi). Perché Carrère riesce a fare di Eduard Limonov un personaggio indimenticabile: a volte commovente, a volte ripugnante – a volte paradossalmente simpatico. Ma mai, assolutamente mai, banale. Che si prostituisca nei quartieri malfamati di New York o si lasci invischiare nei più grotteschi salotti intellettuali parigini, che si goda una condanna al carcere per terrorismo o si candidi alla presidenza della Repubblica, che singhiozzi per l’abbandono di una donna o sogni la rivoluzione (di qualunque colore essa sia), Limonov vive ognuna delle sue avventure fino in fondo, senza mai chiudere gli occhi, con una temerarietà e una pervicacia che incutono rispetto. Attraversando, anche lui a occhi ben aperti, questa esistenza oltraggiosa, Emmanuel Carrère vi si immerge e vi si rispecchia come solo può fare chi, come lui, ha una vita che ha qualcosa di un «romanzo russo».