«Mi volto e le mie orme sono già sparite. Ma io so di esserci stato. So di aver vinto la battaglia più grande, quella contro me stesso. Di essermi riscattato per tutte le cose perdute, o lasciate andare via. Questo è tutto ciò che importa. Un soffio di vento sulle dune. Un niente. Una vita vissuta fino in fondo, ma senza lasciare traccia». Dalla fabbrica alle vette del mondo: inizia così Il corridore (Ponte delle Grazie, pp. 140, Euro 12,50), la storia del riscatto di Marco Olmo, l’ultramaratoneta che ha iniziato a correre a 27 anni e non ha più smesso. Fino a vincere, alla soglia dei 60 anni, l’Ultra Trail del Monte Bianco. Il libro verrà presentato il 15 settembre 2012 a Milano nel corso del Go Slow Social Festival.
All’inizio di questo racconto c’è un uomo che si guarda allo specchio e si chiede: «Sono davvero io quel vecchio lì?» Il suo corpo non nasconde affatto il peso dei suoi sessantatré anni. Nessuno direbbe mai che ha la stoffa del campione. E non in uno sport qualunque, ma nell’ultratrail, una disciplina estrema che significa decine, centinaia di chilometri di corsa sui terreni e nei climi più impervi, sulle Alpi o nei deserti. Marco Olmo è stato boscaiolo e camionista, infine operaio per ventun anni in una grande cementeria della provincia piemontese. Poi, all’improvviso, è iniziata la sua straordinaria avventura di corridore. Apparentemente un po’ tardi per la sua età. Ma Olmo viene dal «mondo dei vinti», dal mondo delle montagne sconfitto dalla civiltà industriale. La sua traiettoria è ben di più di un eccezionale exploit sportivo, è un’occasione unica di riscatto, una vittoria profondamente umana. È da lì che il corridore distilla, misura lentamente la sua forza. Marco Olmo si guarda allo specchio, si conta le rughe. «Quel vecchio lì», magro e capace di sopportare fatiche immani, non ha intenzione di fermarsi, e già immagina la prossima gara. «Conosco il mio corpo, e so dove mi può portare. Lontano».
Marco Olmo è nato nel 1948 a Robilante, un piccolo paese delle valli montane cuneesi, e ha cominciato a correre a 27 anni, «quando gli altri smettevano». Dopo un periodo passato a gareggiare (e a vincere) nella corsa in montagna e nello scialpinismo, all’età di quarant’anni ha iniziato ad affrontare competizioni estreme come la Marathon des Sables, 230 km in assoluta autosufficienza alimentare e condizioni climatiche proibitive nel deserto marocchino, la Desert Cup (168 km nel deserto giordano), la Desert Marathon in Libia e la Maratona dei 10 Comandamenti (156 km sul Monte Sinai), raccogliendo un successo dopo l’altro. A 58 anni è diventato Campione del Mondo vincendo l’Ultra Trail du Mont Blanc, la gara di resistenza più importante e dura al mondo, che ha vinto due volte di fila: 167 km attraverso Francia, Italia e Svizzera, oltre 20 ore di corsa ininterrotta attorno al massiccio più alto d’Europa.
Gaia De Pascale, nata a Genova nel 1975, è dottore di ricerca in Analisi e interpretazione dei testi italiani e romanzi. È consulente editoriale e traduttrice. Ha pubblicato Scrittori in viaggio (Bollati Boringhieri, 2001); Wu Ming. Non soltanto una band di scrittori (Il nuovo Melangolo, 2009) e Slow Travel (Ponte alle Grazie, 2008).