Quando si legge un libro di un’autrice come Marie-Louise von Franz, bisogna compiere più di un’operazione per comprenderne il pensiero. La prima operazione consiste nel collocare la psicanalista e stretta collaboratrice di Carl Gustav Jung nella sua corrente di riferimento, ovvero la Psicologia analitica o Psicologia del profondo.
Poi è necessario leggere la biografia e capire in quale contesto storico e culturale la psicoanalista si muoveva. Certamente gli avvenimenti del secolo breve finirono per condizionare anche la Psicanalisi che a sua volta influenzò il mondo dell’arte e della cultura, soprattutto della Settima Arte.
La Psicologia del profondo ha plasmato così il nostro immaginario collettivo. Quando parliamo di alternanza e di integrazione degli opposti per esempio non possiamo non tener presente quanto hanno teorizzato Jung, i suoi collaboratori e i suoi allievi postumi. Leggendo uno dei libri più famosi di Marie-Louise von Franz, Il femminile nella fiaba, è necessario considerare gli aspetti appena menzionati che dettagli certo non sono.
Il saggio, che è oggetto di questa recensione, nacque soprattutto per addetti ai lavori. Ciò non toglie che anche un neofita o un appassionato di psicologia possa leggerlo comprendendone e metabolizzandone i contenuti, magari mettendo anche in pratica il messaggio profondo del libro.
Marie-Louise von Franz: le fiabe e il culto della dea Madre
Il femminile nella fiaba fu il risultato di un seminario che si svolse presso l’Istituto C.G. Jung nel 1959. Fu redatto in lingua inglese negli anni Settanta del secolo scorso e pubblicato in Italia nel 1983 e nel 2007 dall’editore Bollati Boringhieri.
Marie-Louise von Franz nacque a Monaco di Baviera nel 1915 e morì a Zurigo nel 1998. E’ stata una delle maggiori personalità di spicco dello junghismo internazionale. Tra i suoi numerosi libri menzioniamo ‘Le fiabe interpretate’ (1980), ‘L’asino d’oro’ (1985), ‘L’individuazione nella fiaba’ (1987) e ‘L’ombra e il male nella fiaba’. von Franz si interessò molto anche allo studio dei sogni.
Ne Il femminile nella fiaba c’è un concetto che ritroviamo spesso e che è determinante: l’umanità ha rimosso il lato oscuro del femminile e dunque della natura. Questo lato oscuro però appare di qua e di là nelle fiabe, le quali, secondo Marie Louise von Franz, hanno grande attinenza con la vita pratica perché i motivi fiabeschi sono immagini archetipiche, cioè sono potenze del destino. Difatti le fiabe esprimono contenuti inconsci per i quali la mentalità collettiva non possiede un linguaggio. Questa natura oscura del femminile appare nelle fiabe sotto forma di strega, maga o fata cattiva, ovvero sotto forma di una presenza malefica che distrugge e semina morte proprio come fa la Natura in autunno, quando tutto viene distrutto per poi esser ricreato ancora e ancora.
Secondo la psicoanalista, l’antichissimo culto della dea Madre è stato purificato dal suo aspetto più oscuro che ancora non è apparso nella nostra civiltà e ciò pone un interrogativo perché è evidente che la sua assenza è un elemento importante.
La dea è stata oltraggiata nel suo aspetto sessuale ed erotico dal Cristianesimo che nell’immagine della Madonna ha portato solo il volto buono e innocente della Madre eliminando tutto il resto. Da questa rimozione, sempre secondo von Franz, si originano nevrosi e disagi psichici che colpiscono soprattutto le donne, le quali sono state vilipese nei loro bisogni vitali.
C’è poi un importante aspetto da tener presente quando si legge questo libro di oltre duecento pagine: per femminile non si intende solo la donna, perché il femminile, secondo il pensiero junghiano, è presente anche nell’uomo.
“Siccome molte storie sono state raccontate dagli uomini e sono proiezioni della loro immaginazione esprimono le loro ambizioni e le loro difficoltà a vivere il loro lato femminile e il rapporto con le donne”, scrive Marie-Louise von Franz mettendo anche i presupposti per la critica cinematografica femminista e per tutto il lavoro fatto da Laura Mulvey.
Il processo di individuazione: Anima e Animus
Quando si legge questo saggio, bisogna considerare sin da subito che uno dei passaggi fondamentali del processo di individuazione (teorizzato da Jung) negli uomini quanto nelle donne consiste nell’integrazione dell’aspetto maschile con l’aspetto femminile, cioè nel riportare Animus e Anima in equilibrio. L’Anima, secondo la psicologia analitica, simboleggia l’emotività, l’accoglienza e la creatività. L’Animus invece racchiude tutte le componenti del logos, ovvero la conoscenza, il giudizio e la ragione.
Nello specifico Jung con Anima e Animus intendeva le immagini presenti nella controparte sessuale di ogni essere umano. L’Anima è il femminile presente nell’uomo. L’Animus è il maschile presente nella donna. La società patriarcale non integrava questi due aspetti della psiche perché l’uomo quanto la donna tendevano a proiettarli su mariti e mogli.
Secondo la visione di Marie-Louise von Franz, i personaggi femminili delle fiabe non simboleggiano dunque né l’anima né la donna ma entrambe. “Possiamo supporre che alcune fiabe rappresentano la donna reale e altre l’anima dell’uomo, secondo il sesso dell’ultima persona che ha raccontato la storia”, precisa l’autrice.
Il femminile nella fiaba è dunque un libro complesso ma illuminante. Tra le fiabe riportate ci sono ‘Rosaspina’ o ‘La bella addormentata nel bosco’, ‘Biancaneve e Rosarossa’, ‘La fanciulla senza mani’, ‘La donna che divenne ragno’, ‘I sei cigni’ e ‘I sette corvi’, ‘Vasillissa la bella’, La principessa e il serpente’, ‘Il vecchio Rink Rank’. Storie senza tempo, il cui significato ancestrale il nostro inconscio sa subito riconoscere. Maria Ianniciello
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