Tre ciotole di Michela Murgia (Mondadori, lo trovi qui) è un libro di contrasti, di parole tese e taciute, di frasi urlate o sussurrate, di corpi dilaniati ma non soggiogati dalla malattia, di menti disturbate dal pregiudizio e dalle ossessioni.
Tre ciotole: Michela Murgia. Recensione
Tre ciotole (il libro prende il titolo da uno dei racconti che ho trovato più disturbanti) è una raccolta di dodici storie. Alcune si intrecciano, tanto che a volte il destino di uno si completa nella storia di un altro personaggio. Altri racconti sono finiti. Molte storie sono state narrate in prima persona, qualcuna in terza.
C’è qualcosa di oscuro che tiene insieme questi racconti che si sviluppano brevi tra malattie, morte, disperazione, unioni che si frantumano come il cristallo, donne che restano incastrate nei loro ruoli patriarcali. Le loro idee sono certezze, dogmi che non vengono mai messe in discussione, se non da chi legge.
“(…) Quando sei troppo autonoma, l’uomo non può prendersi cura e si disinnamora”, dice la moglie de ‘Finché morte’ durante la confessione, aggiungendo: “Era una questione di ruoli, monsignore, la coppia è un castello di carte, non si può improvvisare niente (…) Certo bisogna dire che anche lui sapeva stare al suo posto. Non ricordo che in casa abbia mai aperto i mobili delle pentole, né aveva idea in quale cassetto fossero le sue mutande, però in questo non era speciale: tutti i maschi che avevo conosciuto, anche mio padre, erano stati così (…)”.
Il filo che unisce i racconti?
Il filo che tiene uniti i racconti non è il dogma né la malattia bensì è il rito. Quasi tutti i personaggi hanno delle ossessioni che esorcizzano con rituali magici e scaramantici. C’è chi si riduce pelle ed ossa per un amore finito ed affida a tre ciotole la propria rinascita, un po’ come in Per dieci minuti di Chiara Gamberale. E c’è chi indossa la doppia maschera di angelo e demone, di prostituta e Madonna (ricordo che alla Madre d Gesù Murgia ha dedicato un intero libro). E poi c’è colei che detesta i bambini piccoli ma presta l’utero all’amico sterile per aiutarlo a diventare padre, compiendo un grande gesto di altruismo in nome di una vecchia e consolidata amicizia.
Michela Murgia scrive anche di quei pregiudizi che da femminista combatte dando, tramite la parola, una forma agli stereotipi e separando così l’attivista dalla scrittrice. L’autrice sarda compie un atto immersivo e catartico perché per rompere gli argini, scavalcare i muri, infrangere i vecchi schemi bisogna comprendere il punto di vista di chi porta avanti certe narrazioni maschiliste e patriarcali per mostrarne i limiti e costruire una narrazione diversa. Ed è come se attraverso questi personaggi ognuno di noi potesse vedere e riconoscere le proprie fragilità ma anche tutti quei modi di pensare che abbiamo ricevuto in eredità. Con Tre ciotole Michela Murgia dimostra ancora una volta di essere una scrittrice di grande talento.