MIGLIORIFICI, FIGURA E SCRITTURA IN JOAN MIRÓ

Giovedì 18 ottobre, alle ore 16.30 nella Sala del Mito della Galleria nazionale d’arte moderna di Roma sarà presentato il volume di Tiziana Migliore Miroglifici. Figura e scrittura in Joan Mirò edito nel 2011 da et al./EDIZIONI. Nel 1949, Raymond Queneau osservava che nella produzione di Joan Miró ricorrevano configurazioni e tratti costanti. Coniò allora il termine miroglifico e definì il Miró «una lingua che bisogna imparare a leggere e di cui è possibile fabbricare un dizionario».

Il saggio di Tiziana Migliore prende le mosse da questa intuizione per analizzare schizzi, dipinti e disegni preparatori dell’artista, da cui emerge la possibilità di ricostruire un vero e proprio idioma visivo, dotato di una grammatica, una sintassi e un dizionario di figure. Miró ha inventato un nuovo linguaggio di segni, un modello di comunicazione tra immagine e parola. Il libro è corredato da un CD-Rom che permette la visione di oltre 300 opere di Miró, molte delle quali pubblicate per la prima volta, organizzate secondo criteri tematici e cronologici. Miroglifici è un esperimento di pensiero sulla costruzione dell’opera d’arte e l’emergenza di modelli di discorso e scrittura nell’arte contemporanea.

Per completare un pomeriggio pensato come momento di riflessione sulla progettualità dell’opera d’arte contemporanea alla presentazione del libro della Migliore seguirà una tavola rotonda sul tema Disegno e pittura nell’arte contemporanea. Il divenire della materia che prenderà spunto dal libro di James Elkin La pittura cos’è. Un linguaggio alchemico, edito da Mimesis 2012. Questo libro racconta i modi di preparazione della pittura. Descrive i processi che gli artisti compiono, nei loro studi, per trasmutare istanze e significati di materie elementari, acqua, terra, aria e fuoco. È la cucina della pittura. James Elkins, professore e pittore, esamina quadri di Leonardo, Tiziano, Tintoretto, Rembrandt, Monet, Dubuffet, Francis Bacon, Lucien Freud. Ne rileva gli ingredienti, le dosi, gli utensili, ma anche la gestualità e gli umori. Ricette difficili da tramandare, come in ogni cucina che si rispetti, che qui hanno una chiave di volta nel confronto con l’alchimia, cultura dei comportamenti e delle trasformazioni della materia. Elkins va incontro agli storici dell’arte, che si sentono a disagio con gli “impasti” dell’opera, ma vorrebbero capirci di più.

Reinterpreta la filosofia dell’immaginazione. E soprattutto dota i semiologi di nuovi strumenti d’analisi, in grado di esplicitare i programmi narrativi della pittura: operazioni concatenate – macerare, miscelare, separare, distillare… – e transizioni di fase – congelazione, sublimazione, precipitazione, putrefazione. Ecco un libro per pensare la pittura dall’interno, prima che diventi historia e per l’incidenza che ha su di essa. C’è una scienza del concreto che finora non ha avuto il giusto credito.

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