Miki Bencnaan, Il grande circo delle idee: recensione del libro

Miki Bencnaan Il Grande circo delle idee“Il grande circo delle idee” (Giuntina), primo testo edito in italiano della israeliana Miki Bencnaan, procura sin dalle prime righe una sensazione di disorientamento, sensazione destinata ad accrescersi in diversi passaggi per poi scemare quando, pian piano, ogni particolare viene a collimare con l’altro fornendo un fine intreccio in cui le diverse biografie dei personaggi si fondono “in un’unica sostanza, in un suono la cui essenza era la nostalgia”. In tale intreccio, ravvivato dalle note del fortunato gruppo musicale che quattro vecchietti mettono in piedi in una casa di riposo a Gerusalemme, richiami dalle tinte oniriche e personaggi dalla sensibilità fuori dall’ordinario permettono il corpo a corpo dell’autrice con la barbarie della Shoah. Questa pagina della storia europea viene affrontata con l’audacia narrativa che solo da una scenografa e costumista, quale è la Bencnaan, poteva uscire. E’ infatti un costume da elefante a salvare la piccola Futerko dalle camere a gas naziste e a render possibile uno scambio d’identità tra la bimba ebrea e Inge, figlia di un comandante delle SS. Scambio di indumenti e identità che, destinato a protrarsi negli anni, si incrocerà con la storia del deportato 135713, alias Leon, il quale riuscirà a fuggire dal campo di sterminio indossando una divisa nazista. Sarà grazie a questa divisa, con cui era costretto a sentirsi “l’assassino e non la vittima” che sopravvivrà al dolore. Leon, dopo l’esecuzione per mano nazista della moglie e dei figli, cerca di far risuonare nel mondo una composizione per violino dedicata al figlio Johann. Compito che lo porterà sino in Alaska dove, ancora indossando la ‘sua’ divisa da ufficiale nazista, potrà far riecheggiare le note di Johann nello spettrale palcoscenico dei ghiacci, sino a rasentare la pazzia. Buffi vestiti da elefante e tetre divise permettono così la sopravvivenza, al prezzo di nuove identità e smarrimento di certezze. L’eccentricità che l’autrice attribuisce ai suoi personaggi non vuole rappresentare una via di fuga dal reale bensì la costruzione di nuovi mondi dove vi sia una razionalità più umana di quella che guidava il padre di Inge, comandante delle SS, a calcolare il guadagno netto dei denti d’oro ricavabile dagli ebrei condannati al gas.

Una razionalità donata al mondo dalla sinestesia di Pinki, nipote di Futerko, che “vede colori insieme a lettere”, da Emanuel che riesce a parlare una lingua di gesti con Adam, il suo cane mezzo cieco, e da Pesca, ex prete che vede elefanti camminare sul ciglio del Muro Occidentale di Gerusalemme. «I nazisti sapevano che le vecchie menzogne nuotavano, come coccodrilli nell’oscurità delle fogne, nelle vene della tanto esaltata fede cristiana», dice Leon. Parole che riecheggiano quando Ingre, ancora bambina, chiede al suo papà-SS, perché gli ebrei meritino di morire e questi, candidamente, gli risponde «perché hanno ucciso Gesù».

E` a queste bugie, che ancora galleggiano nell’inconscio europeo, che viene a rispondere la fantasia di Bencnaan: solo un cambiamento nella nostra quotidiana percezione ci permetterà di comprendere la realtà, altrimenti opaca agli occhi, venendo a disegnare, con Pinki, quelle tante specie di uccelli estinti, quei tanti nomi che, come quello di Johann, aspettano una loro sonata. Nei disegni dei volatili, che fanno la loro incursione tra le pagine del testo, così come in altri particolari, apparentemente slegati dalla narrazione principale, ritroviamo l’intenzione di fondo della Bencnaan, docente alla Bezalel Academy of Art and Design di Gerusalemme e appartenente alla seconda generazione dei sopravvissuti alla Shoah.

Il confronto dell’autrice con la Storia è giocato tutto sui particolari: solo la restituzione di questi, insignificanti rispetto ai grandi eventi, permette di non cedere sotto il peso della storia e di riviverla, invece, sotto lo sguardo particolare dei diversi personaggi. L’estro creativo di Miki Bencnaan pare dunque al servizio di quella “bambina piccola che vive dentro di lei”, come l’autrice scrive riferendosi alla madre, e come noi possiamo scrivere riferendoci all’autrice stessa. Far rivivere nella letteratura la sensibilità di infanzie spezzate pare l’unica riparazione possibile ai torti subiti. Non è forse un caso, allora, che la Bencnaan si occupi anche di start-up mediche: anche lì, come nelle pagine di questo romanzo, si tratta di ‘riparare’ e, mediante l’ascolto, di restituire alle persone il piacere e la dignità di vivere.

 

Cosimo Nicolini Coen

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