Mattia Bernardo Bagnoli è un giornalista che fareste bene a conoscere se volete comprendere la Russia e le radici della guerra in Ucraina. Corrispondente dell’Ansa da Mosca, Bagnoli è autore di un libro che è stato scritto prima dell’invasione russa in Ucraina. Il volume s’intitola ‘Modello Putin. Viaggio in un Paese che faremmo bene a conoscere’ (People). Il testo è suddiviso in due parti: nella prima l’autore descrive com’è cambiata la politica interna di Putin, dall’ascesa fino ad oggi, mentre nella seconda si affronta la questione della politica estera, dal rapporto con Usa e Cina alle tensioni con l’Ue per l’Ucraina.
C’è un aspetto dell’analisi di Bagnoli che vale la pena sottolineare. Innanzitutto il Modello Putin è molto più complesso di ciò che appare all’esterno. Partiamo da un fatto. La Russia ha un’economia di tipo oligarchico, perché qui il neoliberismo (dopo il far west degli anni Novanta) non ha mai attecchito e quindi la ricchezza nazionale è concentrata nelle mani di pochissime persone. Ma i cittadini, nonostante il loro basso reddito annuale (arrivano a percepire 135 euro al mese), hanno la possibilità di svolgere tante attività ludiche liberamente, com’è accaduto durante la pandemia.
I russi vivono tuttavia in una sorta di sistema ibrido, a metà strada tra autoritarismo e democrazia, di conseguenza non possono opporsi al sistema per cercare di cambiarlo o migliorarlo. Se si ribellano, i cittadini rischiano la galera o nei casi più estremi anche di essere avvelenati, com’è accaduto a Aleksej Navalny o anche a qualche ministro dello stesso Putin. A rischiare la pelle in Russia sono dunque i giornalisti, i politici e anche gli imprenditori; il normale cittadino, se è ligio al dovere, non rischia nulla.
La via dell’autarchia più assoluta è stata intrapresa di recente. Bagnoli sostiene che esistono due Putin: “Se nel 2000 è salito al potere con il grande obiettivo di stabilizzare e depoliticizzare il Paese (…), durante il secondo periodo il suo obiettivo principale è stato la ristrutturazione del sistema politico statale, senza dubbio estremamente volatile, che si era formato a seguito del primo decennio post-sovietico”. Il revisionismo di Putin è sostenuto dal concetto di sovranità o meglio di sovranismo, una sorta di nazionalismo 2.0 che si è diffuso anche in Occidente attraverso una controffensiva mediatica volta a destabilizzare i Paesi occidentali (guerra ibrida) facendo proseliti soprattutto tra le frange delle destre. La Russia sembra, quindi, non abbia esportato solo materie prime ma anche concetti. E su questo Bagnoli dedica alcuni importanti passaggi del libro.
Il punto di rottura con il sistema occidentale è arrivato per Vladimir Putin con la conferenza di Monaco nel 2007 dove lo zar sostenne che si sentiva tradito dall’Ue e dagli Usa soprattutto sulla tanto chiacchierata questione Nato che si sarebbe spinta verso Est e non avrebbe mantenuto le promesse fatte negli anni Novanta (su questo il confronto è molto serrato e acceso). Questa è una delle narrazioni su cui Putin sta fondando tutta la sua politica estera, il cui obiettivo è far ridiventare la Russia una grande potenza imperialistica proprio come lo era sotto gli zar, riportando tra le braccia della Grande Madre Russia la piccola Russia (l’Ucraina) e la Russia bianca (Bielorussia) e rimettendo ordine, mediante regimi autocratici, in quei territori martoriati da conflitti etnici e guerre civili (vedi la Siria e la Libia), dove – sempre secondo la narrazione putiniana – gli occidentali avrebbero solo portato scompiglio sostenendo e creando le cosiddette rivoluzioni colorate. Secondo questa linea di pensiero, i popoli sarebbero masse inerti, senza alcuna volontà di cambiamento né desiderio di autodeterminazione, e perciò andrebbero sempre guidate con la forza (è un eufemismo lo so) mentre pochi eletti si arricchiscono proprio come sotto gli zar.
Insomma, Modello Putin è un libro che affronta molti aspetti aprendo la mente a più punti di vista senza dare un giudizio insindacabile ma solo raccontando i fatti con dovizia attraverso diverse fonti. La recensione è stata scritta da Maria Ianniciello