A Bologna, tra le diverse mostre proposte, ve n’è una che sarà allestita fino al 28 febbraio 2016: “Quando le donne a Bologna…” Sono tante le immagini di lotta, forza e bellezza che guidano il visitatore in questo viaggio appassionante tra le diverse epoche, nel corso delle quali la storia del capoluogo emiliano si intreccia con quella dell’emancipazione femminile. Sette visi sorridenti e luminosi aprono l’esposizione, sono quelli di donne appartenenti alla Commissione Femminile della Federazione del Partito Comunista Italiano di Bologna, che nel 1947 s’impegnarono per l’affermazione dei propri diritti. Nel marzo del 1946 la città incluse le donne al voto amministrativo, da allora sono passati 70 anni e le conquiste del gentil sesso non si sono mai arrestate. Le donne che popolano le prime foto in mostra sono le artefici della Liberazione, le mondine “dal riso amaro”, raffigurate in pittura dall’arte di Aldo Borgonzoni, sono donne in corteo, donne lavoratrici, donne nei campi. Tra queste immagini a colpirmi è stata quella di Edera De Giovanni, una giovane seduta in un prato con le gambe incrociate e un sorriso accennato, la cui didascalia recita così: “Edera De Giovanni, partigiana, fucilata dai fascisti l’1 aprile del 1944, a 19 anni”. Ripercorro nella mia memoria le fotografie viste qualche ora fa: rivedo Ballotta, un’ostetrica degli anni ’40 seduta su un asino e Medea, un’ostetrica degli anni ’50 in corsa su una motocicletta. Con qualsiasi mezzo, nel tempo, le ostetriche corsero ad accudire le donne in gravidanza trasmettendosi il loro sapere, frutto dell’esperienza, di madre in figlia; Annarella del film “Pane Amore e Fantasia” (1953) ben rappresenta la figura della levatrice del dopoguerra.
Curata dall’Associazione Culturale Spigolo Tondo, la mostra “Quando le donne a Bologna…” – allestita presso la Biblioteca Salaborsa – ci fa vedere come il processo di modernizzazione sia riuscito gradualmente a modificare gli impieghi lavorativi dell’universo femminile: tra gli anni ’50 e ’60 le donne si adoperavano nel Pastificio Corticella, lavoravano come operaie nella Weber o intraprendevano la carriera universitaria come la professoressa Gina Fasoli, fotografata mentre tiene un discorso pubblico, con alle spalle un folto gruppo di docenti di sesso maschile. Proseguendo, uno scatto ci conduce nel 1976, in una Piazza Maggiore in bianco e nero gremita di donne che manifestano per il diritto all’aborto, e poi subito dopo, nel 1980, al pronto soccorso dell’ospedale Maggiore di Bologna il 2 agosto, giorno della strage alla Stazione centrale. In quest’immagine la dottoressa Teresa Fiandri fissa l’obiettivo della macchina fotografica con aria svanita, accanto a lei giace in un letto un corpo mutilato. A colori, sbiadite, vecchie o contemporanee le immagini in mostra raccontano grandi battaglie: da quelle combattute negli anni ’80 dalle operaie del settore tessile e dalle lavoratrici del mondo scolastico a quella cominciata nel 2015 dalle lavoratrici Saeco-Philips. Alle lotte si alternano i successi di coloro che con tenacia, sacrificio e determinazione hanno coronato il proprio sogno: un’energica Mariele Ventre alza vigorosamente un braccio per guidare le voci del Piccolo Coro dell’Antoniano e la regista del cult “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, Enza Negroni, è concentrata a fare delle riprese per la realizzazione di un film. E ancora le protagoniste del nostro viaggio sono sportive, ricoprono ruoli istituzionali e manifestano contro la violenza sulle donne nella “One Billion Rising”.
A chiudere il percorso espositivo alcuni scatti recenti realizzati da due fotografe che hanno collaborato a “Quando le donne a Bologna…”, Sonia Lenzi e Melissa Ianniello. Le fotografie proposte raccontano vite di donne ma a noi contemporanee: Donatella Allegro, attrice e regista teatrale, qui raffigurata mentre scrive; Meaza Dawit, cuoca numero uno del ristorante africano di Bologna, immortalata nel suo luogo di lavorom Elisa e Silvia con il piccolo Martino strette nell’abbraccio di una famiglia arcobaleno e Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione parenti delle vittime della Strage di Ustica, che si batte ancora oggi nella ricerca della verità sul DC9 abbattuto nel giugno del 1980. Farà bene a tutte le donne, ma anche agli uomini, esplorare gli universi descritti nelle immagini di “Quando le donne a Bologna…” perché questi riaccendono il ricordo, rianimano la memoria e riservano nuovi incontri. Si è donne non soltanto il giorno dell’8 marzo ma sempre, in ogni luogo e in ogni tempo; per convincervene maggiormente tra le mostre a Bologna scegliete questa. Per concludere questo bel viaggio voglio ricordare la foto che più di tutte ho amato, quella che ci regala il sorriso di una radiosa Renata Viganò alle prese con la sua macchina da scrivere e con un gattone bianco accigliato. Renata, partigiana, scrittrice e donna, rappresenta, come tutte le donne fotografate, la libertà di scegliere e lo spirito di conquista.