Recensione “Porca pupazza, no! La strategia del pesce palla” di Maria Letizia Maffei (Memori Cassetti)
Lo confesso! Appena pubblicato, vidi questo libro sul banco di una libreria. Mi colpì il colore della copertina, rassicurante, e quel pezzo di manubrio di bicicletta col campanello a forma di cuore. Deve essere carino, pensai, uno di quei romanzi rosa…insomma, per adolescenti. Carino forse, ma non lo compro. Poi, i casi della vita sono strani, anzi forse non sono neanche casi, qualche mese dopo ne conosco personalmente l’autrice e mi decido a leggerlo. A primo impatto (con la scrittrice, intendo), ebbi l’impressione che una dall’aspetto così “tosto” non potesse aver scritto un romanzo tutto miele. Maria Letizia Maffei, storico ufficio stampa del Teatro Ambra Jovinelli di Roma, con questo suo primo libro, trasporta infatti il lettore con apparente leggerezza in una storia tragicomica, autoironica, acuta e soprattutto adulta. Tutto, fuorchè vuota di senso. Perché dietro ogni sorriso nasconde un graffio. Per la protagonista Amy, per ogni personaggio che si incontra tra le righe, ma soprattutto per il lettore. Il lettore maschio. Sono in vena di confessioni, e allora affermo senza alcuna remora che più di una volta mi sono ritrovato nelle considerazioni di Amy, e ogni volta ne sono uscito più consapevole. Di me stesso, dei nostri comportamenti (di uomini), delle nostre stupide certezze e delle patetiche sicumere. Ma attenzione, non crediate che sia un pamphlet tardo femminista, perché ce n’è per tutti. Ma soprattutto, e questo aumenta il valore di questo romanzo, c’è la lotta tra la voglia di vivere, di lasciarsi vivere, e il terrore. Il terrore dei sensi di colpa, il terrore di sbagliare ancora, il terrore che alla fine non ti fa più vivere. Il terrore del dolore di un lutto che non si stacca di dosso. Che rende Immobili, uccellini “finti satolli sul ramo”, incapaci di spiccare il più piccolo volo, ma abilissimi e nemmeno poi tanto, ad adottare assurde e perlopiù inutili strategie. Regolarmente spiazzate dalla vita vera.
La sapienza della scrittura di “Porca pupazza, no” (simpatico intercalare nei ragionamenti della protagonista) sta nel saper miscelare con tocco quasi drammaturgico i momenti divertenti con i repentini cambiamenti di umore. Le piccole felicità con l’angoscia che sia tutto finto. O tutto “troppo”. Quasi non c’è tempo di gioire, ma nemmeno di rattristarsi. Una lettura gradevolissima, scorrevole, che spinge ad ogni pagina a voler sapere cosa altro accadrà e a parteggiare per un lieto fine, incerto fino in fondo. Diverte, fa riflettere, mette allo specchio il lettore, uomo o donna che sia. Vi starete chiedendo cosa c’entra la strategia del pesce palla! Non si può dire tutto, toglieremmo il gusto di scoprirlo leggendo. Porca pupazza, proprio un bel libro!
Paolo Leone