Oggi ha ancora senso parlare di anima? Questo l’interrogativo che ha dato vita al libro “Quel che resta dell’anima”, edito da Rizzoli, di Edoardo Boncinelli, docente universitario e autore di diversi volumi, tra cui “Perché non possiamo non dirci darwinisti” del 2009 e “Lettera a un bambino che vivrà 100 anni” del 2010, usciti entrambi con Rizzoli. In questo testo l’autore riscopre le radici dell’anima che, capace di provare emozioni e di garantire autonomia e libertà di scelta, fin dall’antichità ha subìto varie trasformazioni semantiche e di contenuto. Finendo per coincidere con la mente e la coscienza, due dei nomi attribuiti a quella “natura superiore” che si ritiene operare nelle nostre decisioni.
Attraverso un’indagine dei meccanismi della mente, che parte da Aristotele e Agostino, passa attraverso la filosofia cartesiana e la psicoanalisi freudiana e giunge ai preziosi contributi forniti dal neurocognitivismo, Edoardo Boncinelli pone nuove domande sull’anima e sul libero arbitrio e risponde ad alcune questioni fondamentali. In che modo conosciamo il mondo? Cosa lega la percezione all’idea di anima? Possiamo quindi definirci liberi? Il risultato è una sorta di autobiografia intellettuale, un viaggio affascinante tra i mille volti dell’anima, in cui l’autore riprende tutti i suoi possibili significati districandosi tra quel principio immateriale, che la tradizione considera come fondamento della vita organica, e le capacità percettive dell’essere umano, che interpreta il mondo attraverso i sensi.