Leggende dell’oscura e machiavellici piani di vendetta erano la constate principale dei Penny Dreadful (racconti gotici a episodi). In età vittoriana infatti ebbe molto successo la storia di Varney il Vampiro, di cui ora il romanzo completo è disponibile anche in Italia. A questo lunghissimo manoscritto si ispira un’omonima serie tv americana.
Prima che il Dracula di Bram Stoker diventasse una colonna portante della letteratura moderna, in quel di Londra nella prima metà del 1800, si respirava un fermento creativo che portò poi alla nascita dei Penny Dreadful. Varneny il vampiro fu uno dei primi racconti a tema horror che si fece portavoce di un nuovo genere letterario, uno stile inconfondibile i cui stilemi di leggono ancora oggi fra gli scaffali delle librerie. Apprezzato soprattutto dalla middle class londinese, questo come altri racconti pubblicati nello stesso periodo, furono osteggiati dai cultori dell’arte, dichiarando infatti che i Penny Dreadful “erano romanzi da copertina per un lettore svogliato ed annoiato”. Il significato intrinseco dei romanzi lo si trova nel termine stesso del filone letterario, eppure con tutti i suoi difetti (perché in realtà la narrazione è tracotante di errori stilistici), queste lettere riescono ad inquietare nel profondo, appassionano il lettore pagina dopo pagina, ed il substrato del testo non fa altro che fotografare la situazione culturale e social/politica di una Londra in piena rivoluzione industriale.
Edito da Gargoyle Books e tradotto da Chiara Vatteroni, il primo dei tre manoscritti dedicati a Varney il vampiro, è arrivato in Italia nel 2010 senza però riuscire ad emergere nel marasma delle pubblicazioni. Il ciclo di racconti è tornato a far parlare di sé, soprattutto tra gli estimatori del genere, perché lo scorso anno è stata prodotta una serie tv che proprio da Varney il Vampiro ne trae ispirazione. Trasmessa in America, seppur è ancora inedita in Italia, la produzione televisiva è un vero cult tra il popolo del web. Eppure una domanda sorge spontanea, perché un racconto così convenzionale che brilla per schiettezza e inquietudine ma pecca in uno stile arzigolato e troppo dispersivo, è per diritto un esempio brillante per la letteratura gotica? La vera forza di Varney il vampiro la si trova in determinati fattori che, in realtà, riescono a soppesare i punti forti e quelli deboli della narrazione. Se da una parte a trionfare sono i personaggi declinati con tutte le loro sfumature caratteriali, a rendere a tratti epico “questo racconto da quattro soldi”, è la consapevolezza da parte dell’autore di scrivere un qualcosa di innovativo, fresco e nuovo per una mentalità che si trovava di fronte ad un tracollo di valori e certezze. Tutto ciò traspare dalla vicenda della famiglia Bannerworth, amata e stimata dalla middle class di Londra, la quale un bel giorno si trova a fronteggiare un male che si insinua tra le mura della loro villa in rovina, un demone che succhia il sangue della giovane Flora, potando Henry e George (i due fratelli) a scoprire un segreto che è radicato nella stessa gerarchia della famiglia.
Essendo un racconto pubblicato a episodi su un famoso giornale londinese, lo stesso che ha ospitato Emily Bronte ad esempio, Varney il vampiro assume tutte le caratteristiche di una narrazione seriale, riuscendo quindi ad ampliare il suo raggio d’azione, ad impreziosire la storia con digressioni storiche, facendo transitare personaggi (tutti più o meno riusciti), ma soprattutto illustrando con calma e parsimonia la figura stessa del vampiro. Se attualmente siamo soliti inquadrare questa figura come un perfetto seduttore, bello da mozzare il fiato, calcolatore ma capace di amare (tutto merito dell’influenza letteraria di Sephenie Meyer e di quella televisiva avvenuta con Buffy, True Blood e The Vampire Diaries), il Varney del titolo è un vero e proprio mostro di cattiveria. Lui non è né bello né affascinante, è guidato solo da una sete di sangue, è capace di cambiare aspetto, di ingannare tutti tranne il lettore stesso dato che, l’autore riesce sempre a far trasparire il carattere e la malvagità di Varney anche attraverso i suoi continui cambi d’abito. Non appare in ogni capitolo del racconto, ma la sua figura alleggia come uno spetto lugubre e pericoloso. Questo è quindi il vero punto di forza della storia, perché per la prima volta un vampiro viene raffigurato come un vero principe delle tenebre, insidioso ed altamente malvagio senza che quel suo lato pop traspaia nella narrazione.
Non è certo di facile lettura il romanzo dato che l’autore, un tale Thomas Prest, ha una cura maniacale nei dettagli particolarità che, la maggior parte delle volte, fanno compiere alla narrazione troppi voli pindarici. Tutto ciò però va additato al fatto che la storia di Varney non è stata concepita per essere racchiusa in un solo libro, solo successivamente è avvenuto questo passaggio. Il romanzo conta infatti oltre 220 capitoli, quasi 2000 pagine che fotografano due anni dell’età vittoria, fra vizi, gioie e virtù. La traduzione italiana è stata impeccabile, soprattutto perché il lavoro era sconfinato e frammentario, ed i tre manoscritti pubblicati funzionano nella loro interezza. Varney il vampiro si divide in “Il Banchetto di Sangue”, “L’inafferrabile” ed “All’ombra del Vesuvio”. Sconosciuti ai più, tutti gli amanti dell’arte gotica dovrebbero leggere questa trilogia non solo per ampliare la propria conoscenza in materia, ma per premiare il grande lavoro fatto dall’autore nell’aver idealizzato la prima serie di racconti a episodi molto simile ad un moderno prodotto televisivo.
Voto: [usr 3]
Carlo Lanna