“Luoghi Comuni. Vedutisti tedeschi a Roma tra il XVIII e il XIX secolo” è una mostra curata da Simonetta Tozzi e allestita presso Palazzo Braschi fino al 28 settembre 2014. Il percorso raggruppa circa 80 opere di pittori provenienti dalla Germania che venivano in Italia, e in particolare a Roma, per completare la propria formazione intellettuale e culturale, così come era in voga al tempo. Quasi tutti se ne innamoravano, alcuni scelsero di venirci a vivere e altri ancora ci rimasero fino alla morte. L’Italia era una tappa obbligata per qualsiasi artista europeo, tra ‘700 e ‘800: francesi e inglesi non perdevano occasione di soggiornarvi e di girarla il più possibile. Non a caso questa mostra rappresenta il terzo capitolo di una trilogia di vedutisti partita nel 2012 con opere di artisti d’Oltralpe e proseguita nel 2013 con dipinti e disegni di autori britannici. I tedeschi però sono stati quelli che più di tutti si sono legati al nostro Paese, all’antichità romana e alla campagna circostante. Attraverso la tecnica dell’acquaforte, ma anche dell’acquerello e dell’olio su tela, gli artisti settecenteschi sono stati dei veri e propri reporter dell’epoca in grado di raccontare angoli di Roma e della sua provincia in maniera appassionata, completa e affascinante. Friedrich Wilhelm Gmelin, Joseph Anton Koch, Johann Christian Reinhart e molti altri hanno immortalato, come vere e proprie fotografie, le Terme di Caracalla, l’Arco di Costantino, il Foro Romano, le basiliche di San Giovanni e di Santa Maria Maggiore con gli occhi di chi si trova davanti, per la prima volta, un paesaggio del tutto inedito e sconosciuto eppure toccante, dinanzi a cui il vero artista riesce ad esprimersi al meglio. È al pennello di Jacob Philipp Hackert che invece dobbiamo alcune delle più belle vedute della provincia romana, come “La cascata dell’Aniene a Tivoli” del 1769 o “Le cascate del Velino”, realizzate tra il 1790 e il 1799. Suo anche “Il tempio della Sibilla a Tivoli”, acquaforte del 1780 circa.
Le opere esposte, provenienti dalla raccolta grafica del museo di Roma, appartengono a pittori entrati in contatto con Angelika Kauffman, artista svizzera specializzata nei ritratti che visse a lungo nella Capitale, in Via Sistina, assieme al secondo marito Antonio Zucchi. Attorno a lei si creò una vera e propria cerchia di intellettuali e artisti che transitando in Italia, non perdevano occasione di andarla a trovare. I vedutisti tedeschi, in particolar modo Hackert, non furono da meno e tra i tanti disegni prodotti in quel periodo si possono ammirare anche la Grotta di Nettuno a Tivoli, il Sepolcro dei Plauzi sulla Via Tiburtina, il Lago di Albano, Castel Madama, Castel Gandolfo, Monte Testaccio e tanti altri bellissimi scorci di Roma e provincia. Testimonianze preziose di una città profondamente diversa da quella di oggi, dove il Foro Romano era soprannominato “Campo Vaccino” per via del mercato delle vacche che si teneva al suo interno e il Muro Torto è ritratto da Albert Christoph Dies nel 1792 al centro di un prato sterminato. Un’occasione insomma per riscoprire una Roma che non esiste più attraverso la mano di un popolo che storicamente ha sempre gradito molto venire in visita nel nostro Paese. D’altronde, se la mostra si intitola “Luoghi Comuni”, ci sarà pure un perché!
Paolo Gresta