Guardando Motherless Brooklyn – I segreti di una citta, ho avuto una strana percezione tanto che devo ricorrere al linguaggio figurato per spiegare cosa ha suscitato in me questa pellicola che dura quasi tre ore. E vi assicuro che non è facile stare in una sala cinematografica per così tanto tempo, senza nemmeno un intervallo e senza mai annoiarsi.
Eppure nel film di Edward Norton – che riveste il duplice ruolo di attore e regista – c’è qualcosa di incompiuto. Avete presente quando mangi in un ristorante chic, che ha delle ottime referenze?
La sala è confortevole e ben arredata, le posate sono raffinate e la tavola è apparecchiata secondo le ultime tendenze. Ebbene, cominci a gustate l’ottimo antipasto e ti piace, continui con il primo piatto e ti accorgi che non è male ma, proseguendo, inizi a non apprezzare del tutto ciò che ti viene portato dal cameriere gentile. Infine il dessert non ti inebria i sensi e ti saresti aspettato, per chiudere in bellezza, quel quid in più.
La metafora del ristorante spero renda bene l’idea della mia opinione su questo film. Non che Motherless Brooklyn – I segreti di una citta sia un contenitore vuoto. Non è così e non sarebbe giusto definirlo tale perché il lungometraggio acquisisce forza e bellezza grazie al protagonista che è un uomo sui generis dal carattere solitario e dalle straordinarie capacità.
Motherless Brooklyn – I segreti di una citta: recensione e trama
Lionel Essrog (Edward Norton) è un agente investigativo con la sindrome di Tourette che viene raccolto per strada dal suo capo, Frank Minna (Bruce Willis), il quale va oltre la patologia per sfruttarne tutto il talento. Lionel è capace infatti di ricordare dati, volti, numeri.
Così, quando Minna viene ucciso, lo strampalato agente – fingendosi giornalista – comincia ad indagare per saperne di più. Quindi, a forza di fare indagini scopre che vicende private s’intrecciano con scelte politiche che stanno cambiando il volto di quartieri storici.
Un affresco sulla vecchia New York…
Motherless Brooklyn – I segreti di una città è un affresco sulla vecchia New York, una città che – sprovvista ancora di grattaceli – stava costruendo se stessa e la sua fama grazie ai magnati dell’immobiliare. Erano gli anni del Maccartismo. Ma questo Norton non ce lo fa vedere. Si sofferma invece sui dettagli: la macchina da presa inquadra una pozzanghera, le foto sviluppate nella camera oscura, i fiammiferi…
Il ritmo è pacato ma avvincente. E con questo ritmo ci avventuriamo in un’altra epoca che ha dato inizio alla nostra creando il mercato dell’immobiliare che ha causato la crisi finanziaria del 2008 e tutto ciò che poi ne è conseguito.
Motherless Brooklyn – I segreti di una città, dunque, evidenzia i chiaroscuri della Grande Mela indugiando su un passato che ancora scotta e raccontando una storia che non è solo americana. Noi occidentali dopotutto in nome del progresso, radiamo al suolo tutto ciò che consideriamo antiquato, rurale, non conforme agli standard del consumismo. Eppure c’è chi come Lionel supera le barriere, che gli sono state imposte, e non si adegua.
Brooklyn senza madre. Motherless Brooklyn (I grandi tascabili Vol. 1264). Il libro dal quale è tratto il film
La macchina da presa compie poi un miracolo: riporta in vita il noir classico, con l’inconfondibile color seppia, col blu notte…e con quel bandolo della matassa che deve essere dipanato. Lo fa grazie a un cast di grandi attori, da Willem Dafoe a Alec Baldwin, da Gugu Mbatha-Eaw a Bruce Willis.
Norton nella sua pellicola – che s’ispira al romanzo di Jonathan Lethem – cerca uno stile suo e, pur dando un taglio classico, punta per le linee narrative all’innovazione in modo forse troppo ostinato con conseguente perdita di spontaneità e naturalezza… (Marica Movie and Books è Maria Ianniciello – Seguila sui social)