Quando si parla di educazione alimentare, corretti stili di vita e nutrizione sana entrano in campo numerosi aspetti da curare e sui quali porre attenzione e tra questi certamente un occhio di riguardo lo meritano i metodi di cottura del cibo anzi, considerando che per una grande varietà di alimenti la cottura è un prerequisito fondamentale di commestibilità, credo che sia forse uno dei primi aspetti, insieme alla scelta delle materie prime e quindi alla spesa, da curare per garantire salubrità, sicurezza e gusto al cibo.
A questo poi si aggiunge il fatto che non poche sono le tecniche di cottura e di trasformazione degli alimenti, nonché gli utensili da cucina da poter utilizzare, e scegliere il metodo in assoluto migliore e più sicuro non è così immediato e scontato, anche perché tutto dipende dall’alimento: per alcuni è preferibile ricorrere alla cottura a vapore, per altri è invece da preferire la bollitura e così via, quindi scopriremo che non esiste il metodo in assoluto migliore di tutti, piuttosto per ogni metodo a disposizione bisogna attuare delle piccole accortezze a seconda di ciò che vogliamo cuocere.
Quindi vediamo di analizzare, almeno in somme linee, gli aspetti principali delle varie metodologie a disposizione e di capire quale utilizzare in via preferenziale a seconda dei casi.
Partiamo con il capire innanzitutto perché si cuociono i cibi: prima di tutto per renderli commestibili (alimenti come patate, cereali, legumi e melanzane non potrebbero essere consumati crudi) e appetibili quindi per esaltarne i sapori e se fatta nel modo giusto la cottura ne preserva le loro qualità nutrizionali conferendo aspetti, consistenze e colori nuovi. Cosa fondamentale poi, la cottura aumenta la sicurezza d’uso degli alimenti sia da un punto di vista igienico, eliminando o riducendo i microrganismi sensibili al calore, sia da un punto di vista nutrizionale, permettendo la disattivazione di alcune sostanze con effetto potenzialmente sfavorevole, tra cui ad esempio l’avidina, sostanza proteica presente nell’albume dell’uovo, che lega la biotina (rendendola dunque inutilizzabile dal nostro organismo) e che viene completamente inattivata dalla cottura.
Ovviamente in quanto a sicurezza anche noi facciamo la nostra parte perché a seconda dei modi e tempi con i quali facciamo uso delle varie tecniche di cottura possiamo influenzare in positivo o negativo il valore e la qualità nutrizionale degli alimenti. Ecco quindi che spesso conoscere e saper cucinare è un presupposto fondamentale per fare scelte alimentari più sane.
Oltre a quanto appena detto, la cottura induce delle importanti modificazioni nella composizione dei nutrienti di ciascuno alimento alcune delle quali positive altre invece del tutto indesiderate.
Vediamo ad esempio il caso delle proteine: la loro cottura è fondamentale in quanto consente loro di perdere la struttura globosa ed aggrovigliata, e di assumere una forma più distesa (si parla in termini tecnici di denaturazione delle proteine) che le rende più facilmente digeribili. Tuttavia una cottura troppo prolungata, può determinare una minore disponibilità di alcuni amminoacidi essenziali e l’inattivazione degli enzimi, (che chimicamente sono delle proteine). Inoltre un riscaldamento troppo elevato porta alla carbonizzazione delle sostanze proteiche e alla formazione di diversi composti tossici, le ammine eterocicliche aromatiche, che si trovano in maggior quantità soprattutto sulla superficie degli alimenti grigliati. Con la cottura di carni, pesci al barbecue o su griglie riscaldate a fiamma viva, così come per l’affumicamento, si generano anche altre sostanze nocive note come gli idrocarburi policiclici aromatici, tra cui il composto con il maggior potere cancerogeno è il benzopirene: tanto più elevata è la temperatura, tanto maggiore è la quantità di benzopirene che si forma. Il benzopirene si accumula sulla superficie del prodotto e la sua formazione è favorita dall’eventuale sgocciolamento di grassi che dall’alimento cadono sulle braci, infiammandole. Per evitare la loro formazione è opportuno accorciare i tempi di cottura e ridurre le temperature, accorgimenti questi dunque da attuare sempre quando si tratta di cuocere alimenti come carne e pesce.
Ancora, alcune sostanze ad attività antiossidante, come il licopene, contenuto in particolare nei pomodori, con la cottura tendono a diventare maggiormente biodisponibili, ovvero diventano più facilmente utilizzabili dal nostro organismo.
Quanto alla perdita di principi nutritivi durante la cottura qui c’è da fare qualche distinzione perché quelli più sensibili in assoluto alle operazioni di preparazione e cottura sono le vitamine, soprattutto quelle idrosolubili, ed in particolare quelle del gruppo B e la C. La perdita di queste sostanze durante le normali operazioni di cottura (tra cui anche il riscaldamento di pietanze già cotte) è abbastanza consistente e si aggira intorno al 50% per la vitamina C, fino ad arrivare al 70% per i cosiddetti folati.
Le vitamine liposolubili, come la A, la D, la E e la K sono invece più resistenti (la loro perdita si aggira intorno al 25%) così come i sali minerali che non vengono degradati dalla cottura, tuttavia se questa avviene in acqua (come ad esempio nel caso della bollitura), i sali tendono a fuoriuscire e a disperdersi e l’alimento si impoverisce: si passa dal 20% del calcio al 25% del magnesio fino al 40% del rame.
Sebbene questa cosa possa spaventare in verità se l’alimentazione viene mantenuta varia, così come dovrebbe essere, garantendo la giusta alternanza quotidiana tra alimenti crudi e cotti non c’è molto da temere perché questo ci garantisce assolutamente tutti i nutrienti di cui abbiamo bisogno, senza esporci al rischio di carenze e, soprattutto, senza alcun bisogno di ricorrere ad integrazioni di vitamine e minerali che, se non adeguatamente valutate da parte di professionisti sanitari, possono risultare inutili e controproducenti.
Abbiamo appena analizzato quindi i pro e contro della cottura ma vediamo più da vicino per ogni singola categoria alimentare cosa avviene durante la cottura e come limitare al minino i contro così da beneficiare solo dei pro.
- La carne diventa più tenera e digeribile, oltre a essere più sicura dal punto di vista igienico (purché l’alimento abbia raggiunto i 70 °C in tutte le sue parti). Per i tagli pregiati, ricchi di fibre muscolari, i tempi di cottura devono essere rapidi mentre per quelli in cui prevale il tessuto connettivo più cuociono, più diventano teneri. Ricordare inoltre che: i grassi con il calore fondono e fuoriescono, così come però le vitamine e i sali minerali, quindi è preferibile che si formi la crosta sulla superficie di questi alimenti così che i nutrienti vengano trattenuti e non possano fuoriuscire.
- Il pesce è più ricco della carne di proteine muscolari mentre contiene meno tessuto connettivo, quindi richiede tempi di cottura molto brevi.
- Le proteine dell’uovo coagulano con l’aumento della temperatura. Se la cottura viene prolungata, tra il tuorlo e l’albume si può formare un alone verdastro dovuto a solfuro ferroso. L’aumento di temperatura causa perdita di vitamina B1 e B2 mentre si rende più disponibile il contenuto di ferro e zinco dell’albume.
- Il latte in commercio ha già subito trattamenti termici di conservazione per cui è sufficiente riscaldarlo, prima del consumo, per non perdere le vitamine termolabili. La pellicola superficiale che si forma durante il riscaldamento è dovuta alla coagulazione di proteine, fosfato tricalcico e globuli di grasso.
- Le verdure, durante la cottura in acqua, possono perdere le vitamine idrosolubili e termolabili e i sali minerali; è importante quindi usare poca acqua e possibilmente riutilizzarla per altre preparazioni. La cottura a vapore in pentola a pressione riduce notevolmente le perdite quindi è di sicuro il metodo da preferire per questi alimenti. Le altre cotture depauperano poco gli ortaggi che però possono assorbire i grassi di cottura. I trattamenti termici modificano anche il colore, l’aroma e la consistenza delle verdure, rendendole più morbide.
- I legumi secchi prima della cottura devono essere messi in ammollo in acqua per alcune ore, per ammorbidire la membrana esterna e reintegrare il contenuto di acqua. Vengono poi bolliti in acqua molto lentamente per lungo tempo. L’utilizzo di alghe (ad esempio l’alga kombu, o di aromi come la salvia è utile non solo per renderli più digeribili ma anche per allontare gli antinutrienti e i fitati, che riducono l’assorbimento di alcuni minerali tra cui il ferro. Inoltre l’aggiunta di bicarbonato di sodio durante la cottura dei legumi ammorbidisce la cuticola aumentandone ulteriormente la digeribilità, ed evitando il fastidioso e comune sintomo di flatulenza e meteorismo in genere associato al consumo di questi preziosi alimenti).
- La cottura della pasta e del riso avviene mediante bollitura in acqua molto abbondante, parte della quale viene assorbita assieme a calcio e sodio. Al momento di «buttare la pasta» l’acqua deve essere addizionata di sale; è importante non superare i tempi di cottura per avere un prodotto «al dente» e quindi più digeribile e a minore indice glicemico.
Passiamo ora in rassegna i vari metodi di cottura e quali preferire e scegliere a seconda della categoria di alimenti da cuocere.
Cottura al vapore, bagnomaria e bollitura
La cottura al vapore permette di cuocere gli alimenti a contatto diretto con il vapore acqueo senza doverli immergere in acqua, grazie all’utilizzo di apposite pentole (le cosiddette vaporiere) o di cestelli a fondo forato. Non comporta perdite significative di nutrienti e spesso anche le caratteristiche organolettiche dell’alimento, come il sapore e la consistenza, risultano più salvaguardate. Inoltre, non richiede l’utilizzo di grassi da cottura, per questo è senza dubbio una tra le migliori tecniche di cottura salutare. È tuttavia possibile cuocere solo alimenti tagliati in piccoli pezzi o fette, perché altrimenti i tempi di cottura sarebbero troppo lunghi. Verdure, pesce e crostacei sono gli alimenti più indicati da cuocere con questa modalità.
Stesso principio di cottura “dolce” è alla base della cottura a bagnomaria, utilizzata in genere per salse e per riscaldare in maniera delicata gli alimenti, infatti consente al calore di penetrare più lentamente e in modo graduale nell’alimento, che non è a diretto contatto con l’acqua.
La bollitura consente di cuocere gli alimenti senza aggiunta di grassi, però comporta la perdita di sali minerali e vitamine idrosolubili, che passano nell’acqua di cottura e che è bene quindi riutilizzare. Pentola normale o a pressione? La differenza sta nella temperatura e di conseguenza nel tempo: con la pentola a pressione si riescono a raggiungere temperature più alte il che consente di accorciare notevolmente i tempi di cottura e anche le perdite di nutrienti, è quindi una valida alleata per chi di tempo per cucinare ne ha poco.
Brasatura e stufatura
Si tratta ditecniche di cottura in umido a fuoco basso per tempi lunghi che comportano quindi una discreta dispersione di vitamine e minerali nel liquido di cottura, che è bene quindi consumare come parte integrante della pietanza. Nella brasaturala rosolatura iniziale e la conseguente formazione della crosta consentono di limitare le perdite in nutrienti. La successiva aggiunta di un liquido, in genere brodo o vino, consente una cottura lenta e prolungata, particolarmente adatta per grossi pezzi di carne. Nella stufatura, adatta per verdure o piccoli pezzi di carne, non è prevista la rosolatura iniziale e la quantità di liquido aggiunto è inferiore della brasatura. L’utilizzo di pentolame in materiale antiaderente permette sicuramente di limitare l’aggiunta di grassi. Classica preparazione stufata è il ragù, sugo per eccellenza a cottura molto lenta e per lungo tempo.
Cottura al forno
Il forno è un metodo di cottura che utilizza il calore secco. La temperatura, all’interno di un forno casalingo, varia da 150°C e 240°C e l’aria calda raggiunge direttamente il cibo, provocando la formazione di un sottile stato di crosta sulla sua superficie (motivo per il quale il forno va in genere preriscaldato), cosa che impedisce perdite di succhi (e quindi di nutrienti) significative. Il forno permette numerose varianti di cottura, dalla classica, al sale, al cartoccio. E numerosi sono gli accorgimenti per ridurre l’utilizzo di grassi aggiunti tra cui, ad esempio, l’utilizzo della cosiddetta carta forno. Molti forni hanno anche la funzione di “cottura ventilata”, che permette di cuocere in tempi più ridotti perché il calore viene distribuito tramite un ventilatore, appunto, che genera un flusso di aria calda che si distribuisce più velocemente ed in maniera uniforme sugli alimenti. Possono essere cotti in forno praticamente la maggioranza degli alimenti.
Frittura
Il demone della cucina ma anche la delizia per molti palati, è senza dubbio il metodo di cottura da sempre considerato “poco sano”, sia per la quantità di olio assorbita dagli alimenti sia per la formazione di sostanze potenzialmente tossiche, come l’acroleina, se non si presta la dovuta attenzione. Tuttavia con qualche piccolo accorgimento è possibile rendere anche questo metodo di cottura un po’ più salutare e concedercelo di tanto in tanto senza correre grossi rischi. Primo accorgimento essenziale, la temperatura: 170/180°C è la temperatura ideale per friggere gli alimenti, che devono essere completamente immersi nell’olio, sufficientemente caldo per permettere la formazione immediata della classica crosta che, oltre a conferirgli sapore e croccantezza, garantisce un fritto più “leggero” (perché gli alimenti assorbono meno olio). Considerate che in genere gli alimenti fritti assorbono circa il 10% di olio del proprio peso di partenza ma che questa percentuale varia soprattutto in base alle dimensioni, alla pezzatura ed al tipo di alimento. Secondo accorgimento fondamentale, il tipo di olio: quello maggiormente indicato per le fritture (e non solo) è l’extravergine d’oliva, stabile anche ad alte temperature grazie al suo punto di fumo relativamente alto, e ricco di sostanze protettive ad azione antiossidante. Anche quello di arachidi, ricco in polinsaturi, può essere adeguato mentre sono assolutamente da evitare gli oli di semi vari, le margarine ed il burro. È infine opportuno evitare sempre di riutilizzare per successive fritture, oli già cotti.
Cottura alla griglia, alla piastra e alla brace
Il grosso difetto di questi metodi di cottura è la temperatura troppo alta, soprattutto se si utilizza il barbecue a carbone o a legna, in cui è più difficile controllare la temperatura e l’esposizione al calore è molto variabile da zona a zona della stessa griglia. In questo caso gli alimenti vengono a contatto diretto con il fuoco e si possono bruciare in superficie: classico esempio la carne alla brace cotta a fuoco vivo; in tal caso, la bruciacchiatura può contenere sostanze potenzialmente dannose, come gli idrocarburi policiclici aromatici e le ammine eterocicliche. È pertanto utile scartare le parti carbonizzate e ripulire accuratamente la griglia dopo l’uso. Non sono dannose, invece, le classiche strisce brune che si formano sulla superficie della carne, del pane e delle verdure quando cotte alla griglia o alla piastra. Tutto questo significa quindi che non possiamo più consumare pesce o carne alla griglia o comunque far uso di uno di questi metodi? Ovviamente no, ma come detto per la frittura laddove esistono dei punti di criticità è bene porre più attenzione; nel caso della cottura alla griglia, piastra e brace le azioni da compiere per una cottura più sicura sono quelle di: evitare che la superficie esterna dei cibi carbonizzi, quindi evitare tempi di cottura prolungati, tenere la griglia distante dai punti più caldi in modo che la fiamma non venga a diretto contatto con l’alimento ed evitare il più possibile che le sostanze grasse, che si sciolgono a contatto con il calore, cadano direttamente sulla brace. Un’altra accortezza è quella di evitare di salare gli alimenti prima di cuocerli, per evitare che la perdita di liquido derivante dall’aggiunta di sale li renda secchi per il consumo e quindi più inclini alla bruciatura.
Inoltre è sicuramente una buona abitudine quella di accompagnare i cibi cotti alla brace con molti ortaggi freschi e succo di limone, notoriamente ricchi di antiossidanti così da dotare il nostro corpo degli strumenti necessari per attaccare eventuale molecola tossica veicolata con il cibo.
Infine griglie e piastre rivestite di materiali antiaderenti o in cui è possibile controllare la temperatura rappresentano la scelta più adeguata per effettuare cotture più sane.
Forno a microonde
Pur essendo un’invenzione relativamente recente, è oggi ampiamente diffuso nelle nostre cucine anche se molti si limitano ancora ad utilizzarlo solo per scaldare o scongelare gli alimenti. Il flusso di microonde generato all’interno di questo particolare forno agita le molecole d’acqua contenute negli alimenti, facendole oscillare così velocemente da provocare un riscaldamento della parte più “interna” del cibo; il calore quindi non viene trasmesso dalla superficie esterna verso l’interno, come in un forno tradizionale, ma si sviluppa all’interno dell’alimento e viene poi trasmesso verso l’esterno: è questa la ragione per cui, a volte, i cibi cotti al microonde sono tiepidi alla superficie e caldissimi all’interno. Tale principio permette di dimezzare i tempi di cottura e, quindi, ridurre al minimo le perdite di sostanze nutritive e l’aggiunta di condimenti. A tutt’oggi, non ci sono studi che dimostrano la pericolosità della cottura a microonde nell’alimentazione umana. Al microonde non è possibile tuttavia cucinare alimenti di grossa pezzatura, perché le onde elettromagnetiche riescono a penetrare per soli 4/5 centimetri all’interno della superficie di cibi; per alimenti di grossa pezzatura, dunque, difficilmente si riesce a raggiungere una temperatura uniforme e sufficiente per cuocerli adeguatamente. Le perdite vitaminiche e minerali sono in parte ridotte rispetto agli altri sistemi di cottura, ma si verificano anche in questo caso, soprattutto a carico della vitamina C.
Analizzando i vari metodi di cottura una cosa più di tutte appare chiara: i fattori principali da prendere in considerazione quando si parla di cottura, sia nel bene che nel male, sono tempo e temperatura, perché è agendo su questi due parametri e controllandoli al meglio che possiamo da un lato ridurre al minimo le perdite di sostanze nutritive e dall’altro evitare la formazione di sostanze potenzialmente dannose. Ciononostante ci sono anche altre variabili che possono influire sulla buona riuscita di una cottura salutare e questi sono l’esposizione all’aria ed alla luce: ad esempio il semplice gesto, comune e automatico, di tagliare le verdure in pezzi molto piccoli prima della cottura, in verità determina l’esposizione di una superficie maggiore all’aria e quindi può aumentare la perdita di vitamine, come la C; così come tagliare e preparare in largo anticipo le insalate o tenere le verdure già pronte per il consumo a temperatura ambiente e non coperte (e quindi esposte alla luce ed all’aria). Il consiglio è invece quello di preparare le verdure, siano esse crude o cotte, immediatamente prima del loro consumo. Inoltre è bene evitare di utilizzare quantità eccessive di acqua per il lavaggio degli alimenti, o lasciarle in ammollo per troppo tempo, perché anche queste pratiche possono “lavare” via alcune vitamine, soprattutto la niacina e la tiamina.
Infine laddove si opti per la cottura della verdure è opportuno ridurre al minimo indispensabile la quantità di acqua utilizzata così da contenere al massimo la perdita di vitamine e sali minerali nell’acqua di cottura (che può essere comunque riutilizzata per brodi e zuppe). Questo consiglio si applica anche a pasta, riso e cereali, alimenti comunemente cotti per bollitura, perché in questo modo, permettendo di assorbire la quasi totalità dell’acqua, si eviterà di buttare via anche amidi, sali minerali e vitamine insieme all’acqua di cottura. Infine è bene ricordare che, per gli alimenti per i quali è possibile, la cottura con la buccia riduce la migrazione delle sostanze nutritive al loro interno e quindi ne comporta una perdita molto minore; è il caso delle patate che se cucinate bollite è bene cuocere per intero, quindi con la buccia, che tra l’altro determinerà anche un più basso indice glicemico dell’alimento rispetto alle versione pelata, al forno e fritta.
Infine uno sguardo veloce ai materiali di pentole e padelle: la scelta ottimale cade su quelle che presentano le tre caratteristiche fondamentali e immancabili:
- essere realizzati in un materiale impermeabile,
- essere in grado di resistere al fuoco e alle alte temperature,
- trasmettere il calore all’alimento e al suo interno, senza alcuna interazione chimica.
Quanto ai materiali vi cito solo i più diffusi: l’alluminio è di certo il più comune, offre un ottimo rapporto qualità/prezzo e conduce molto bene il calore; l’acciaio da solo non è consigliato, a causa della sua scarsa conducibilità ecco perché quelli più usati sono in genere gli acciai inossidabili, ovvero leghe cromo-nichel a cui sono aggiunti altri elementi come titanio e molibdeno al fine di migliorare la resistenza alla corrosione, inoltre le pentole di questo materiale vengono dotate di fondelli in alluminio, saldati o incapsulati al fondo, così da ovviare al rischio di surriscaldamento e conseguente bruciatura del cibo; il rame è un buon conduttore termico ma è un materiale molto costoso per questo è spesso utilizzato solo per il fondo;il teflonè il rivestimento antiaderente: se di bassa qualità tende a deteriorarsi mescolandosi agli alimenti e può rappresentare rischi per la salute; la pietra ollare è un materiale molto resistente alle escursioni termiche e ha un’ottima capacità di accumulare il calore; permette una cottura senza grassi e mantiene una temperatura costante e uniforme, tuttavia richiede molto tempo per riscaldarsi e raffreddarsi e ha un peso e un costo più elevati rispetto a pentole di altri materiali.
Importante anche le dimensioni: lo spessore alto evita che i cibi si brucino o cuociano troppo in fretta, mentre la larghezza determina la quantità di cibo che vi si può inserire; ovviamente, dimensioni maggiori comportano anche pesi superiori.
Cuocere gli alimenti è un po’ come realizzare un “magico” esperimento di laboratorio. Dietro al comune gesto di preparare un sugo, un piatto di pasta o un contorno di verdure, si cela un intero mondo di tecniche, materiali e modalità che possono giocare un ruolo molto più rilevante di quello che possiamo immaginare nell’assicurare all’alimentazione il suo ruolo di fattore determinante della salute.
Abbiamo capito che non è corretto mettere semplicemente a confronto i vari metodi di cottura degli alimenti, perché nessuno è preferibile agli altri; ognuno, infatti, può essere utilizzato in maniera corretta, a seconda della ricetta, del tempo che abbiamo a disposizione e delle circostanze.
Semplicemente: la scelta dello strumento giusto, la conoscenza delle migliori tecniche e delle corrette temperature di esercizio, permettono di valorizzare ogni piatto, garantendo un risultato eccellente in termini di gusto, sicurezza e salubrità… mica poco! (Articolo della dott.ssa Angela Pugliese, biologa nutrizionista)