Il concetto di “dieta mediterranea” nasce negli anni ’50 grazie ad Ancel Keys, biologo e fisiologo statunitense, che volle racchiudere con questo termine le abitudini alimentari di alcune popolazioni dell’area del Mediterraneo (italiani e greci in particolare), che per diversi anni aveva osservato. Le analisi condotte sul modello alimentare di queste popolazioni mostrarono un certo numero di sostanze protettive, quali selenio e glutatione, un rapporto bilanciato tra acidi grassi essenziali (EFA) omega-6 e omega-3, elevate quantità di fibre, antiossidanti (soprattutto il resveratrolo del vino rosso, i polifenoli dell’olio d’oliva e il licopene del pomodoro), vitamine E e C.
Negli stessi anni ’50 Ancel Keys e suoi colleghi iniziarono un esteso studio osservazionale, divenuto poi famoso con il nome di “Seven Countries Study”, in cui vennero messe a confronto le diete di sette paesi (Stati Uniti, Italia, Finlandia, Grecia, Yugoslavia, Paesi Bassi e Giappone) con lo scopo di verificarne i benefici e i punti critici in termini di salute cardiovascolare. La conclusione più importante, basata in gran parte su prove ecologiche, di questo studio fu che il basso contenuto di acidi grassi saturi che caratterizzava la dieta dei Paesi del Mediterraneo poteva spiegare già da sola la bassa incidenza di malattia coronarica in questi stessi Paesi, grazie al meccanismo di riduzione del colesterolo nel sangue, riconosciuto come principale fattore di rischio per questa malattia. Studi successivi poi hanno dimostrato che il tradizionale pattern alimentare del Mediterraneo non determina solo, o principalmente, un abbassamento del colesterolo, ma anche una serie di altri benefici effetti sulla salute. Collettivamente i risultati di tutti questi studi convergono sul confermare convincenti associazioni tra dieta mediterranea e:
- bassi livelli di mortalità in generale;
- minor incidenza di malattia coronarica a aumento dell’aspettativa di vita in chi ne è affetto,
- minor incidenza di ictus e eventi cardiovascolari in generale;
- azione protettiva nei confronti del cancro (in particolare del carcinoma mammario e del colon-retto);
- minor incidenza di diabete mellito di tipo 2 in età adulta, e di sindrome metabolica;
- protezione da deficit cognitivo e depressione unipolare;
- protezione dalle fratture dell’anca.
Il regime alimentare individuato da tutti questi studi si fondava su alimenti tradizionalmente consumati dai paesi del bacino del mediterraneo:
- vegetali (frutta, verdura, ortaggi e semi oleosi) e legumi in elevate quantità,
- olio di oliva come fonte principale di grassi,
- grano e cereali (integrali),
- vino rosso,
- yogurt e formaggi con moderazione,
- cacciagione e selvaggina, pesce pescato e uova poche volte a settimane,
- basso consumo di carni rosse.
Stiamo parlando di un’alimentazione, questa, risalente al primo dopo guerra, dove l’industria alimentare non ancora si era insediata, o almeno non completamente. Il grano era il vero grano, l’olio di oliva quello autentico, ottenuto dalla spremitura a freddo (con le macine) delle olive appena raccolte, idem per il vino; le carni di animali che ancora pascolavano liberamente all’aperto nutrendosi di ciò che solo la natura poteva fornire; il pesce nutritosi solo di alghe e fitoplancton marino; le uova delle galline dell’orticello. Era quindi questa di sicuro un’alimentazione naturale, un’alimentazione dove il cibo manteneva integra la propria essenza e materia prima. Non a caso gli studi che Ancel Keys condusse su questo pattern dietetico portarono a correlare la dieta mediterranea al minor rischio di malattie cardiovascolari e infiammatorie (incluso il cancro), e per queste stesse onorevoli ragioni tale modello alimentare è stato successivamente preso come riferimento per un’alimentazione salutare e protettiva, fino ad essere riconosciuta nel 2010 dall’UNESCO quale patrimonio orale e immateriale dell’umanità.
Veniamo al presente e soffermiamoci un momento sull’attuale versione della dieta mediterranea: gli alimenti predominanti sono il linea di massima gli stessi, ma solo nella tipologia! Il cibo che oggi mangiamo non è più quello di una volta: le industrie, il commercio, il business se da un lato hanno consentito la massimizzazione della produzione e distribuzione con prezzi anche competitivi, dall’altro hanno peggiorato la qualità dell’attuale alimentazione. Cosa ci stanno offrendo? Cosa ci stanno dando da mangiare? Vi siete mai chiesti dietro ad una fetta di carne da banco, piuttosto che dietro ad un pomodoro, o ancora alla semplice pasta cosa c’è? Beh ve lo dico io: c’è la processazione, il trattamento, l’utilizzo di additivi, conservanti, ormoni e fattori di crescita, c’è la raffinazione, c’è in poche parole tutto tranne che la materia prima integra quale dovrebbe essere.
E allora possiamo parlare ancora di dieta mediterranea? Il grano odierno è modificato e contaminato da micotossine (pensate che in Italia il grano commercializzato è al 50% mischiato con il grano che all’estero viene scartato perché non rientra nei range di tollerabilità per tossine), l’olio di oliva che acquistiamo nei supermercati è lontano dall’essere quell’olio pregiato e dalle innumerevoli proprietà, le carni, le uova derivano ormai da allevamenti intensivi dove le bestie si nutrono di mais, invece di brucare l’erba nei luoghi a loro adatti, stessa cosa per i pesci anch’essi per la maggior parte allevati e nutriti con sfarinacei che ne alterano le proprietà nutrizionali, soprattutto in termini di rapporto omega 6: omega 3…. E
la rassegna sarebbe infinita, ma credo che sia sufficiente per rendere il concetto: se vogliamo ancora parlare di dieta mediterranea e promuoverla come migliore pattern dietetico per i suoi effetti protettivi nei confronti di varie patologie, dobbiamo allo stesso tempo incentivare a riavvicinarci alla natura, alle coltivazioni naturali, all’allevamento degli animali allo stato brado, dobbiamo quindi ritornare ad alimentarci come un tempo, quando non c’era a disposizione tutta l’abbondanza (e lo spreco di oggi), quando si rispettava la stagionalità degli alimenti, quando il cibo non era trattato e modificato, quando si mangiava solo ciò che la natura rendeva disponibile. In due parole: riscopriamo il CIBO VERO! In che modo? Acquistando con attenzione e cura, dal contadino, macellaio o pescivendolo di fiducia, chiedendo e pretendendo la provenienza e i metodi di allevamento e coltura, al supermercato perdiamo un pò più di tempo nella scelta dei prodotti, se possibile acquistando dal reparto biologico e predilegendo alimenti a filiera corta e a chilometro zero.
In sintesi: acquistate più dalla TERRA e meno dalle INDUSTRIE, nutritevi più di NATURA e meno di SPAZZATURA!
E ricordate: La natura ci da tutto ciò di cui il nostro organismo ha bisogno, sta a noi non modificarla e mantenerne l’integrità. Solo così vivremo meglio e a lungo.
Dott.ssa Angela Pugliese, biologa nutrizionista
Riferimenti bibliografici: