Anni fa Anna Magnani rivolta al truccatore che voleva coprirle le rughe diceva, “Lasciamele tutte, ci ho messo una vita a farle”. Oggi a distanza di più di cinquant’anni Monica Bellucci si dice pronta ad invecchiare senza l’aiuto del bisturi, affermando “Rispetto ad una faccia di plastica, io preferisco le rughe”. Peccato che non tutte le donne la pensino allo stesso modo, secondo una recente ricerca pubblicata dall’Economist le donne italiane sono quelle che fanno maggiormente ricorso alla chirurgia estetica, prediligendo trattamenti non invasivi, come iniezioni riempitive, i cosiddetti fillers, ma anche lifting e protesi agli zigomi. Se conoscessimo meglio le nostre rughe forse impareremmo ad accettarle ma soprattutto a rispettarle. Ogni ruga ha un proprio significato, ed è frutto degli eventi che hanno contribuito a crearla. Si pensi alle rughe frontali, testimoni del nostro grado di attenzione, di concentrazione, o alle tanto odiate rughe perioculari, più note come zampe di gallina, che insieme alle rughe nasogeniene, sono prove tangibili della nostra felicità, carte d’identità di personalità solari, di quelle che non risparmiano sorrisi, o ancora alle rughe labiogeniene, figlie di nostri momenti di tristezza. Ogni ruga, ogni suo centimetro rappresenta un nostro attimo di vita e come tale andrebbe rispettato in barba alla delirante ricerca di perfezione di questo secolo. Ma se ancora non fossi riuscita nell’intento di convincervi ad accettare il tempo che passa, vi consiglio di leggere “Se le pelle parlasse”, il libro del dottor Matteo Cagnoni, dermatologo e presidente dell’Istituto di Ricerca di Dermatologia Globale (IRDEG) di Ravenna, edito da Tecniche Nuove, in cui attraverso un surreale monologo si dà voce all’organo che in assoluto è simbolo della nostra identità, svelandone segreti e consigliando accorgimenti per mantenerlo in buona salute.
Doralda Petrillo