Con la Social Street? La città diventa paese

Social Street? Ne parliamo con Federico Bastiani che ha creato la prima strada sociale a Bologna.

social-street- Qualche volta vi sarà capitato di aprire il frigo e di rendervi conto che per quella torta che avevate in mente di preparare mancavano due uova, lo spiacevole inconveniente vi avrà fatto rinunciare al goloso progetto a meno che non abbiate la fortuna di abitare in una Social Street e di poter contare sul vostro dirimpettaio. “La strada sociale” è infatti un nuovo modo di relazionarsi con i propri vicini nato nell’agosto del 2013 a Bologna, in via Fondazza, e consiste nella messa in pratica di una nuova forma di socialità disinteressata. Federico Bastiani è il fondatore di questo così semplice, e nello stesso tempo complesso, modello di vita che riunisce dei vicini di casa in una collettività animata dal senso di fiducia e di comunità. «Prima del 2010 abitavo fuori Bologna, vicino all’aeroporto, allora pensavo che fosse normale non avere alcun tipo di rapporto con gli inquilini del mio palazzo – ci spiega Federico -. Una volta trasferitomi nel centro di Bologna, in via Fondazza, mi resi conto che le barriere da distruggere erano un po’ ovunque nelle grandi città. All’inizio accettai la situazione passivamente, ma, dopo essere diventato padre, il mio atteggiamento remissivo lasciò lo spazio a un’idea che lentamente prese corpo; vedere mio figlio giocare da solo in casa mi spinse a fare qualcosa per abbattere il muro di diffidenza che percepivo ogni volta che uscivo di casa». E così è stato, “dal virtuale, al reale, al virtuoso”, come recita lo slogan della prima Social Street in Italia, Federico Bastiani ha infatti creato un gruppo chiuso su Facebook dedicato agli abitanti di via Fondazza, ottenendo una risposta partecipata che dal web si è poi riversata in strada, nella quotidianità, nell’aria. La bacheca del gruppo cominciò, infatti, a raccogliere richieste, messaggi e voglia di umana solidarietà. «La Social Street muove piccoli numeri – ci spiega Federico – nonostante sia stata poi frutto d’interesse in tutto il mondo: basti pensare ai servizi realizzati dalla BBC, da El Pais e dalla stampa brasiliana e messicana». Si può dunque respirare un’atmosfera di paese anche in una grande città. Questo modello che ci riporta a bussare alla porta del nostro vicino e a ritrovare la dimensione dell’antica agorà greca si è inoltre diffuso non solo nella città di Bologna ma anche in tutta la penisola e poi in Europa e nel mondo; si stima infatti che queste realtà siano in Italia 350 e nel mondo 380. «I giornali hanno scritto di tutto, che le Social Street servono per rigenerare i beni comuni ad esempio, o che si tratta di pura sharing economy, in realtà la mia idea originale ruota intorno ai legami e alle relazioni da ricostruire con chi ti abita accanto, la condivisione di beni materiali è sempre finalizzata alla conoscenza», ci chiarisce Federico. Gli episodi che narrano queste nuove isole di felicità sono tanti, per esempio quello di un ragazzo che alla vigilia di un importante colloquio di lavoro aveva l’urgenza di adoperare una lavatrice, ma la sua si era appena rotta. Scrivendo sul gruppo Facebook di via Fondazza trovò in breve tempo la soluzione al suo problema grazie all’aiuto di una vicina di casa che prima di allora non aveva mai conosciuto. Social-Street-BolognaApparentemente questo e tanti altri episodi del genere possono sembrare normali eppure la ragazza che ha prestato la sua lavatrice è stata poi raggiunta e intervistata da una troupe di giornalisti RAI. Book crossing e bike crossing attraverso cui prestarsi libri e biciclette, orti urbani, come quello della Social Street milanese di via Maiocchi che vede i suoi abitanti riunirsi per un aperitivo ogni domenica, e ancora concertini dei vicini musicisti ed esposizioni di versi poetici come panni stesi al sole sotto i portici di via Fondazza grazie all’iniziativa “Muri DiVersi”: queste e tante altre sono le esperienze che dai social network prendono poi vera forma grazie alla gente. Le parole, la fiducia e la conoscenza di nuovi universi umani sono il risultato di questo diverso approccio; non vi sono rigidità in questo movimento, se così lo si può definire, spontaneo, non ha infatti una sede, non prevede tessere associative per le persone coinvolte e non rappresenta un’organizzazione. Il sito web Social Street Italia raccoglie tutte le voci di questi nuovi percorsi pieni di convivialità e dona preziosi consigli a chiunque voglia rendere “social” la via in cui risiede. Quando chiedo a Federico una sua personale definizione di Social Street lui risponde: «È quando abiti in una strada che prima attraversavi in un minuto e adesso la percorri in mezzora, è una strada dove ti capitava d’incrociare dei volti che adesso hanno un nome, delle storie, sono delle amicizie». Se abitate in una Social Street non vi capiterà mai, dunque, di non avere le uova per poter cucinare una torta, sarà invece un ottimo pretesto per conoscere uno o più nuovi amici.

 

Elisabetta Severino

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