L’amore e propensione per tutto ciò che ha un sapore dolce è scritto nel nostro DNA: siamo geneticamente predisposti a prediligere il dolce e questo per ragioni ancestrali, che risalgono ai tempi dei nostri antenati, gli uomini primitivi.
Essi vivevano a contatto con la Natura e, in un ambiente dove il cibo scarseggiava, si alimentavano prettamente di frutta, bacche e miele che fornivano, attraverso gli zuccheri, quell’energia di pronto utilizzo e di facile stoccaggio in forma di riserva adiposa (grasso) indispensabile per affrontare, i non radi, periodi di magra; quindi lo zucchero è di fatto un alimento capace di accrescere il grasso corporeo e questo poteva essere vantaggioso per gli uomini primitivi, ma non certo per noi.
Infatti, negli anni tutto questo ha portato alla selezione naturale dei cosiddetti “geni parsimoniosi” che per i nostri antenati sono stati cruciali per la sopravvivenza, in quanto hanno consentito loro di trarre il massimo beneficio, in termini energetici, da quei pochi alimenti calorici con i quali di tanto in tanto si nutrivano.
Questi stessi geni si sono conservati fino ad oggi, tant’è che fanno ancora parte del nostro corredo genetico, nonostante le condizioni esterne e l’ambiente in cui viviamo siano radicalmente cambiati: ora il cibo non scarseggia, al contrario abbonda, ci muoviamo poco e in sintesi questi geni parsimoniosi continuano da un lato a farci ricercare alimenti calorici (zuccheri e grassi) e dall’altro a risparmiare calorie nonostante quotidianamente ne assumiamo anche più del necessario: non sorprende allora che il risultato siano il sovrappeso e l’obesità così divampanti.
Tuttavia, nonostante per genetica siamo ghiotti di dolci, se attualmente si è giunti ad uno stato di quasi totale assuefazione agli zuccheri non è tanto colpa dei nostri geni, ma sicuramente del largo consumo che quotidianamente facciamo di snack, bevande zuccherate e compagnia bella; il nostro palato si è praticamente così abituato che avverte la dolcezza e bontà solo se lo zucchero è presente in alte concentrazioni; e ciò ancor più preoccupante è che questo consumo è particolarmente diffuso e cospicuo già nei bambini, colpa senz’altro della pubblicità ingannevole e accattivante, ma ovviamente anche di noi famiglie.
Qualcuno direbbe: “che vita sarebbe senza un po’ di dolce?” È vero resistervi non è da tutti, e non servirebbe neanche se fosse un incontro occasionale: lo zucchero è pur sempre una fonte energetica necessaria al nostro corpo (e soprattutto al nostro cervello), ma diventa un veleno se consumato a dismisura e quotidianamente, considerando le numerosi fonti dalle quali il nostro corpo ricava gli zuccheri e l’effetto che questi comportano.
Gli zuccheri più comuni sono rappresentati dal saccarosio (di cui lo zucchero da cucina ne è la fonte principale), il fruttosio e il glucosio (presenti in frutta e miele); questi sono detti zuccheri semplici perché vengono facilmente assorbiti ed utilizzati, anche se con rapidità diverse, dal nostro corpo, provocando in poco tempo un rapido innalzamento della glicemia seguito da un contemporaneo aumento dell’insulina che tende a far ritornare la glicemia al valore iniziale entro un periodo più o meno lungo (questo dipende non solo dal tipo di zuccheri ma anche se questi vengono assunti da soli o insieme ad altri nutrienti). Se continuamente nell’arco della giornata a partire dalla colazione introduciamo prettamente zuccheri semplici produciamo nel nostro corpo un picco glicemico che dopo poco tempo ci farà riavvertire il senso di fame e ci porterà a ricercare nuovamente alimenti dolci, per innalzare presto la glicemia… sono proprio questi su e giù, questi continui picchi e rialzi glicemici ad essere dannosi per il nostro corpo in quanto ci fanno avvertire perennemente il senso di fame, creano stanchezza, intorpidimento e mancanza di energie, ci predispongono ad accumulare grasso e a sviluppare poi con il tempo una sempre più ridotta sensibilità all’insulina fino al diabete di tipo 2. Per di più il consumo di zuccheri correla anche con più alti livelli di trigliceridi, colesterolo totale e LDL (“cattivo”) e più alti valori di pressione arteriosa.
Questo problema si manifesta soprattutto quando consumiamo zuccheri addizionati, cioè sotto forma di dolcificanti, è invece meno marcato con quelli naturalmente presenti negli alimenti, come ad esempio nel caso della frutta: è sicuramente un alimento naturalmente dolce, fonte di zuccheri semplici (per lo più fruttosio e glucosio) ma è anche molto ricco di acqua, vitamine, sali minerali e fibre quindi anche se assunta da sola non provoca quell’impennata della glicemia, anzi nutre e arricchisce il nostro corpo di preziosi elementi e se abbinato ad una manciata di frutta secca rappresenta un valido spezza fame da inserire negli spuntini (al posto delle classiche merendine) che sazia e mantiene la condizione favorevole di calma glicemica.
La frutta allora si pone come la più valida alternativa dolce da utilizzare al posto dello zucchero comune o di altri dolcificanti anche nella preparazione dei dolci fatti in casa.
Parlando di frutta non posso non soffermarmi sul fruttosio, lo zucchero principalmente in esso contenuto: si trova in commercio anche come dolcificante naturale, venduto e consigliato ai pazienti diabetici in quanto ha un più alto potere dolcificante ma un più basso indice glicemico rispetto al saccarosio, con un costo comunque contenuto. Beh, a parte questa unica nota positiva in verità il dolcificante fruttosio è lungi da essere una scelta salutare e soprattutto è lontano anni luce dal fruttosio naturalmente presente nella frutta, tanto che numerosi studi correlano il suo consumo eccessivo all’aumento dei trigliceridi e delle transaminasi che alla lunga può creare una disfunzione epatica e portare poi alla steatosi non alcolica, nonché ad una spiccata insulino-resistenza e ad un maggior deposito di grasso in sede viscerale ed epatica.
Quanto al saccarosio (o zucchero comune) è sicuramente tra tutti gli zuccheri il più utilizzato ma anche il più dannoso, visto l’alto indice glicemico e potere calorico che lo caratterizza e poco importa se si tratta di zucchero bianco o grezzo: non c’è alcuna differenza né in termini di calorie che di caratteristiche nutritive; entrambi si ricavano sia dalla barbabietola che dalla canna da zucchero e l’unica differenza sta nel fatto che quello grezzo non è raffinato e il colore e sapore diversi che assume dipendono da piccole quantità di residui vegetali (la melassa) che però non vantano particolari vantaggi nutrizionali.
Che dire invece del miele? È senza dubbio un dolcificante naturale ma ha comunque il difetto di contenere solo zucchero (è vero che nel miele troviamo anche minerali e micronutrienti ma in quantità veramente irrisorie che non valgono tanto da giustificarne un largo consumo; lo stesso discorso vale per la melassa ottenuta dalla centrifugazione dello zucchero); in altre parole sia esso miele, zucchero bianco (o grezzo) o qualsiasi altro tipo di zucchero (datteri, fichi, malto…) stimoleranno allo stesso modo la produzione di insulina da parte del nostro organismo, quindi è bene prestare attenzione al loro utilizzo.
Ricordiamo poi che sono fonte di zuccheri per il nostro corpo anche prodotti quali pasta, pane, riso, cereali… i cosiddetti carboidrati complessi che apportano però anche amido e altri nutrienti e che a differenza degli zuccheri semplici vengono assorbiti in maniera più lenta e graduale, non causando il brusco rialzo glicemico ed esercitando un più duraturo effetto saziante. Sono per questo da preferire agli zuccheri semplici quando siamo presi dal desiderio di dolce, optando sempre per le versioni integrali che rispetto a quelle raffinate vantano un profilo nutrizionale migliore e un più basso indice glicemico. Ovviamente anche questi vanno ben inseriti e calibrati in funzione del contesto della dieta complessiva giornaliera.
Lo zucchero fa male nelle quantità in cui siamo abituati a consumarlo e questo è un dato universalmente condiviso che non ammette replica: non solo quotidianamente siamo soliti aggiungerne qualche cucchiaino in caffè, tè e dolci fatti in casa, ma facciamo anche largo e abituale consumo di bibite, merendine e tantissimi altri alimenti insospettabili come le conserve di pomodoro, il ketchup, prodotti in scatola dove lo zucchero si nasconde in quantità elevate. E se consideriamo che attualmente l’OMS ha ulteriormente abbassato la soglia di zuccheri raccomandabile proprio per i rischi legati alla salute, forse è il caso di rivedere qualcosa nelle nostre scelte quotidiane: se finora era considerato accettabile un consumo di zuccheri pari al 10% della quantità di energia totale assunta durante la giornata, adesso viene proposta un’ulteriore riduzione fino al 5% (corrispondente a circa 25 grammi, ossia cinque cucchiaini da tè), soprattutto in età pediatrica.
Assodato allora che lo zucchero fa male, come fare a ridurne il consumo e a non superare la dose raccomandata?
La risposta è semplice a dirsi ma non a farsi: evitare di zuccherare bevande come tè, caffè, tisane, camomilla (c’è addirittura chi è solito zuccherare anche il latte, le spremute di agrumi, le macedonie, ma perché se contengono già zuccheri naturali di loro???); ridurre il consumo quotidiano di dolci (anche quelli fatti in casa, imparando piano piano a sostituire lo zucchero con alternative migliori, come ad esempio la frutta), snack, merendine, bibite, lasciandolo solo a poche e rare occasioni; evitare di acquistare prodotti in scatola e conservati, prediligendo alimenti freschi; leggere attentamente le etichette e in particolare la lista degli ingredienti e la tabella nutrizionale… sono tra le principali raccomandazioni.
Perché ho scritto facile a dirsi ma non a farsi? Perché in una persona talmente abituata al dolce il palato è così assuefatto agli zuccheri che sarà difficile apprezzare il sapore reale degli alimenti; bisognerà rieducarlo, cosa non impossibile ma che di sicuro richiede tempo e costanza: ricordate le abitudini si creano ripetendo gli stessi atteggiamenti nel tempo; così come si creano abitudini sbagliate allo stesso modo si possono acquisire abitudine sane.
E se al posto dello zucchero utilizzassimo i dolcificanti (o edulcoranti)?
Qui si apre un altro ampio paragrafo che merita tutto di essere approfondito visto quanto ultimamente i dolcificanti più svariati stiano spopolando non solo tra gli scaffali dei supermercati ma anche nell’industria alimentare che ogni giorno ci propone nuove versioni “light” dello stesso prodotto originario per rispondere all’ondata di richieste da parte dei consumatori che cercano alternative più salutari ma senza rinunciare al gusto. È davvero così? Davvero questi dolcificanti (o edulcoranti) artificiali rappresentano sempre delle alternative più salutari, da poter essere consumate senza timore e senza rinunce?
La domanda è volutamente provocatoria e ora vi spiego perché.
Innanzitutto occorre fare una distinzione tra dolcificanti naturali e artificiali: i primi sono composti estratti da piante e dotati in genere di contenuto calorico; i secondi sono sostanze ottenute per sintesi chimica prive di potere nutritivo (o comunque minimo) e quindi acaloriche.
Per quanto riguarda i dolcificanti naturali vi ho già parlato di quelli derivati dagli zuccheri ossia saccarosio, glucosio e fruttosio, ma ce ne sono anche altri tra cui la stevia e i polioli.
La stevia (estratta dalle foglie di una pianta del Centro America), ha un potere edulcorante 200-300 volte superiore al saccarosio, però ad alte concentrazione presenta un retrogusto amaro; sebbene appartenga alla categoria dei dolcificanti naturali è l’unico che non viene metabolizzato dal nostro corpo per cui non apporta calorie. In quest’ottica si pone come valido composto naturale con potere edulcorante sicuro per la salute (a basso impatto insulinemico), l’unica nota negativa è lo spiacevole retrogusto amarognolo che con la cottura viene accentuato e che non tutti possono gradire.
Quanto ai polioli (sorbitolo, mannitolo, maltilolo, isomalto, xilitolo…) hanno un contenuto calorico circa la metà del saccarosio ma anche un più basso potere edulcorante. Sono comunemente utilizzati come sostituti dello zucchero in gomme da masticare, caramelle e biscotti per il vantaggio di dare consistenza all’impasto e conferire un effetto rinfrescante. I polioli vengono metabolizzati solo parzialmente mentre una buona quota viene fermentata dalla microflora intestinale con produzione di acidi grassi a corta catena e gas. Se da un lato quindi il parziale assorbimento dei polioli ne riduce il valore calorico, la risposta glicemica e insulinemica, dall’altro causa effetti gastrointestinali sfavorevoli quali meteorismo, flatulenza e soprattutto diarrea per questo se ne raccomanda un consumo limitato, specie nei bambini che più facilmente posso eccedere la quantità massima giornaliera consigliata (10 grammi), corrispondente a non più di 4-5 caramelle o circa 8 biscotti.
Vediamo invece che cosa troviamo tra la categoria dei dolcificanti artificiali. Essi conferiscono una sensazione dolce molto persistente, simile a quella del saccarosio ma di intensità molto superiore (fino a 500-100 volte in più), senza il retrogusto amaro caratteristico della stevia e senza apportare calorie. Inoltre non essendo fermentescibili da parte dei batteri intestinali non causano alcun effetto spiacevole come invece i polioli. Rientrano nella categoria degli additivi alimentari e come tali sono sottoposti alla normativa che ne prevede l’obbligo di riportare in etichetta il tipo di composto presente e ne stabilisce, per ognuno, la dose giornaliera accettabile (DGA). Quelli più comunemente utilizzati dall’industria alimentare sono: saccarina, acesulfame-K, aspartame, ciclammati e sucralosio.
Sebbene questi dolcificanti si pongono come valida alternativa per l’industria alimentare al fine di mettere in commercio varianti di snack, merendine e bevande a più basso contenuto calorico, in verità allo stato attuale non ci sono prove evidenti di un reale vantaggio né in termini di riduzione del peso corporeo né dei fattori di rischio cardiometabolici; anzi, non pochi studi hanno dimostrato come alcuni tra questi edulcoranti (in particolare saccarina e ciclammato) per quanto non apportano zuccheri e calorie, tuttavia sono in grado di influenzare importanti processi fisiologici, in particolare il metabolismo energetico e glucidico e di stimolare la produzione di insulina da parte del nostro corpo; ecco quindi che non sono del tutto privi di effetti metabolici, come si potrebbe pensare. Il meccanismo specifico non è ancora chiaro, ma si ipotizza che possa entrare in gioco la flora batterica che sotto l’azione di queste sostanze spinge il corpo ad utilizzare male il glucosio.
Inoltre, cosa non poco rilevante, per quanto vantino un intenso potere edulcorante, i dolcificanti sintetici perdono questa capacità con la cottura, il che può indurre ad utilizzarne più del dovuto, con il rischio di superare facilmente la dose raccomandata.
In definitiva possiamo affermare che non è assolutamente vero che i prodotti “light” o “senza zucchero” siano più salutari, non facciano ingrassare e quindi possano essere consumati liberamente. Al contrario, nell’industria alimentare ogni qualvolta viene tolto un ingrediente ne viene aggiunto un altro (a volte anche più calorico) per garantire comunque un livello di appetibilità e sapore elevato (affinché poi il prodotto possa essere copiosamente venduto e consumato), quindi se tolgono lo zucchero, pur sostituendolo con un edulcorante acalorico, in genere aggiungono più grassi (e viceversa); abbiamo poi appena visto che alcuni di questi dolcificanti intervengono nel metabolismo glucidico, quindi ce li vendono con lo slogan “magri senza rinunciare al gusto” ma la verità è che ci inducono soltanto a quel falso senso di sicurezza che ci porta a consumarne tranquillamente quantità eccessive: oltre al danno la beffa!
Insomma da qualsiasi punto di vista la si guardi, quando si parla di zuccheri, siano essi naturali che sintetici, la verità è che la scelta migliore e senza ombra di dubbio più vantaggiosa e salutare resta quella di limitarli il più possibile; piuttosto è opportuno imparare a riscoprire il piacere, insito in noi, verso il sapore dolce reale e naturale degli alimenti, nella loro forma integra e pura come all’origine, non camuffata e distorta dagli zuccheri! Per farlo dobbiamo allontanarci (seppur poco alla volta) da tutto ciò che l’industria alimentare ci vuole vendere e avvicinarsi sempre di più alla nostra amata natura.
E allora nella nostra quotidianità:
- Evitiamo di zuccherare caffè, latte, tè, tisane (con il tempo ci si abituerà al loro sapore reale); è normale che aggiungendo lo zucchero tutto ci risulterà più gradevole (ricordate la canzone: “basta un poco di zucchero e la pillola va giù?!”), ma si tratterà anche di un sapore artefatto, dove il gusto reale dell’alimento è mascherato: se il caffè, o il latte senza zucchero non piace, molto meglio non assumerlo proprio che infarcirlo di zuccheri, in quanto sarà senz’altro più buono al nostro palato ma anche meno salutare!
- Preferiamo la frutta e le fonti integrali di carboidrati complessi (pasta, riso, cereali, patate) per garantire l’approvvigionamento quotidiano e soddisfare il nostro bisogno di zuccheri.
- Limitiamo il consumo di dolci e biscotti e nella loro preparazione casalinga impariamo a non utilizzare più lo zucchero, dimezzandone un po’ per volta le quantità e sostituendolo con la frutta (mele e banane solo le migliori da utilizzare per l’alto potere dolcificante che sprigionano dopo la cottura) o con dolcificanti naturali come uvetta, datteri e fichi (in piccole quantità); possiamo inoltre aggiungere aromi naturali che esaltano il sapore dolce quali la vaniglia in polvere e la cannella, e utilizzare magari un mix di farine per propria natura dolci come ad esempio la farina di castagne e quella di riso;
- Quando andiamo al supermercato fermiamoci a leggere accuratamente le etichette per scovare eventuali zuccheri nascosti, anche negli alimenti più improbabili, diffidando dalle proposte light o senza zucchero (l’inganno c’è anche se non si vede); ricordate il limite di 25 grammi al dì per gli zuccheri semplici raccomandato dall’OMS.
- Evitiamo caramelle e gomme da masticare per il rischio di sovra dosaggio dei polioli e conseguenti fastidi intestinali;
- Evitiamo il consumo quotidiano di bibite, succhi di frutta, snack, merendine e brioche con particolare attenzione nei riguardi dei bambini più soggetti al consumo di questi alimenti;
- Se proprio non riusciamo a fare a meno del dolce (per alcuni ha un effetto terapeutico) allora cerchiamo almeno di optare per scelte che non abbiano troppe ripercussioni negative; qualche esempio:
- mela cotta con cannella
- frullato a base di latte di mandorla, fragole (o banana) e cacao
- cioccolato fondente
- macedonia di frutta con granella di nocciole
- yogurt greco (o ricotta vaccina) con cannella o vaniglia
- gelato alla frutta (di qualità)
Mettendo in pratica queste azioni tutti i giorni, di tanto in tanto potremo godere di uno strappo “dolce” alla regola in tutta serenità, senza sensi di colpa ma soprattutto senza seri rischi per la salute; inoltre abituandoci gradualmente a sapori meno dolci e più naturali anche nello sgarro riusciremo a non eccedere più e a non strafare.
Al benessere del nostro corpo giovano molto di più i piccoli ma attenti gesti quotidiani che compiamo piuttosto che le grandi ma sporadiche eccezioni. (articolo della dott.ssa Angela Pugliese, biologa nutrizionista)
Bibliografia
- “Linee guida per una sana alimentazione italiana” INRAN
- “Dolcificanti naturali e artificiali: effetti metabolici e loro utilizzo nelle persone con diabete” E. Griffo, C. Avola, B. Capaldo. GIDM 2017