La recensione di Deadwood, la serie tv creata da David Milch che arriva finalmente sulle frequenze della Rai. A nove anni di distanza dall’ultimo episodio trasmesso in America, Deadwood conclude il suo cerchio anche per il pubblico italiano. Attesissima infatti è la terza ed ultima stagione inedita.
Non ha perso smalto e appeal il mito di Deadwood, la serie tv americana a tema western che nel lontano 2004 ha debuttato sugli schermi della HBO. Il canale satellitare che si è sempre distinto per qualità e ricercatezza nello sviluppare serie televisive – capolavori indiscussi sono The Wire, Carnivàle, Game of Thrones e tanti altri – con Deadwood si è imposta come leader nel settore dell’intrattenimento, un intrattenimento però che a volte riusciva a eguagliare il fascino del grande schermo. David Milch che all’epoca era conosciuto per essere stato il creatore di NYPD (storico poliziesco trasmesso anche qui in Italia), quando ha concepito Deadwood non poteva immaginare il grande impatto che la sua serie tv avrebbe avuto sull’opinione pubblica. Candidata a ben 11 Emmy Awards, premiata dalla critica ed osannata dal pubblico, Deadwood era un vero fenomeno, la prima serie tv che ha portato il mondo oscuro, pericoloso e competitivo del far west sul piccolo schermo.
E’ una serie studiata nei minimi dettagli, bella quasi da mozzare il fiato, tracotante di emozioni, sboccata, cruda e sanguinolenta, sicuramente adatta a un pubblico più esigenze che è in cerca di un prodotto eclettico, dal sapore cinematografico e con un cast di tutto rispetto. Deadwood quindi rispecchia fedelmente tutti gli stilemi della HBO, un successo che ha imperversato per ben tre stagioni ma poi, inspiegabilmente, è arrivata la cancellazione. Non si sono mai capite le reali ragioni di questa folle scelta; si parlava di problemi di budget, di beghe contrattuali con gli attori, sta di fatto che dal 2006 a oggi non c’è ancora una risposta. Successivamente si parlò di un film televisivo che avrebbe chiuso degnamente la vicenda ma anche questa idea è naufragata. Un errore irrimediabile la cancellazione di Deadwood perché, nel corso di quasi dieci anni di serie televisive, nulla ha eguagliato il suo fascino e la bellezza, una produzione che racchiude un microcosmo di inestimabile fascino. Trasmessa già nel 2005 per gli abbonati SKY, ora lo show è in onda su Rai Movie ogni lunedì con le repliche delle prime due stagioni ed a seguire arriverà anche la terza in esclusiva a 9 anni di distanza dalla trasmissione americana.
Ma di cosa parla Deadwood? Lo show che mixa sagacemente sia fatti storicamente avvenuti che personaggi di pura fantasia, è ambientata nel 1870 nella cittadina che dà il nome alla serie. In un luogo che vive all’ombra delle leggi dello Stato, Al Swearengen interpretato da un brillante Ian McShane, è uno dei fondatori dell’unico saloon presente a Deadwood, un luogo di perdizione, dove si tessono trame ed accordi d’affari e dove scorrono fiumi di alcol. La storia inizia quando l’ex sceriffo Seth Bullock (Timothy Olyphant) rinnega il suo passato da uomo di legge per aprire un’attività in questo luogo dimenticato da Dio. Il racconto, episodio dopo episodio, si arricchisce di personaggi (come il cercatore di tesori Wild Bill Hickock), di colpi di scena, di pathos e divagazioni filosofiche che finiscono poi per costruire una cornice socio/politico/culturale di un’epoca che fu, dispersa tra le sabbie del tempo.
Non è un semplice drama in costume o una serie western, Deadwood rappresenta un affresco della storia culturale americana che, attraverso la psicologia dei personaggi contorta ma allo stesso tempo perfetta, riesce a illustrare con tanta determinazione vita, morte e miracoli di una realtà competitiva, sporca, disdicevole e atta solamente alla criminalità. Non c’è tempo per l’amore e la giustizia in quel Deadwood, la città del South Dakota rappresenta l’Inferno sulla Terra, un luogo dove tutti i nostri vizi possono diventare un’assurda realtà. Senza se e senza ma, lo show di David Milch è un cult assoluto per molti – troppi – fattori: per una narrazione intensa, dialoghi ferrati, atmosfere fumose, una ricostruzione perfetta dei vizi e virtù dell’epoca e la consapevolezza che questa sarà una serie imitata e mai eguagliata. C’è da dire però che dopo la cancellazione di Deadwood, almeno in tv, sono latitati dei prodotti televisivi di questo impatto e spessore. La HBO ha continuato nella sua ricerca della vera arte seriale con OZ, la già citata Carnivale, True Blood e molte altre, ma il western non è più apparso in tv fino a cinque anni fa. Hell Wheels non ha certo avuto lo stesso impatto di Deadwwod, dato che la storia è molto simile a un machiavellico revenge movie piuttosto che un racconto di “formazione”, eppure la serie in onda fino poco tempo fa anch’essa su Rai Movie, si è tagliata uno spazio nel cuore dei critici e del pubblico, per un’ottima release storica ed una vicenda onirica ma appassionante. I tempi però sono cambiati e benché la Hell on Wheels ha appeal da vendere, nulla può superare il fascino e la profondità di Deawood.
Carlo Lanna