Dal 19 novembre 2015 arriva al cinema “Dobbiamo parlare”, il nuovo film di Sergio Rubini. C’è ironia, c’è intelligenza, c’è molta quotidianità in questa pellicola basata sull’importanza ma anche sulla pericolosità della parola. «Avere il coraggio di parlare è fondamentale. Non parlare significa fare in modo che sotto traccia i problemi e le ambiguità possano crescere e magari poi possano venir fuori sotto altra forma. Dunque parlare fa bene ma quanto parlare? Come parlare? Forse delle volte invece bisogna anche saper star zitti», ha spiegato Sergio Rubini, regista e interprete.
Il film nasce «sostanzialmente da uno spunto di commedia: in un attico nel cuore di Roma, vive in affitto una coppia d’intellettuali. Una bella sera mentre i due sono pronti ad andar fuori per festeggiare il loro anniversario, arrivano in casa i loro migliori amici (una dermatologa e un affermato chirurgo) in piena crisi coniugale. C’è una coppia che chiede aiuto all’altra, ma il tentativo di tirar fuori delle verità, provoca in una lunga notte, durante la quale si sviluppa il film, un certo inatteso contagio negativo anche nell’altra coppia. Questo nuovo lavoro – ha spiegato ancora Sergio Rubini durante la presentazione bolognese del film – che definisco anomalo, è nato dalla voglia di fare un qualcosa che ripercorresse la mia prima avventura “La stazione”, dove tutto era girato in un’unica stanza.
Se si pensa in maniera cinematografica anche in uno spazio angusto si può costruire un mondo. Questo film è stato messo a registro con delle prove aperte di fronte a un pubblico». Nella pellicola non poteva mancare il suo amico storico, Fabrizio Bentivoglio, un barbuto chirurgo che parla romanesco, chiamato sempre “il prof” nel film. Il personaggio che, come ha detto Rubini, rappresenta il punto di partenza di “Dobbiamo parlare”. «Ho costruito questo ruolo per gradi e le prove teatrali davanti al pubblico mi hanno dato l’opportunità di calibrare davvero i toni. Credo che il film possa dare la possibilità di ridere e portarsi a casa un pensiero ed ancora qualcosa che rimuginiamo ancora per un pochino di tempo». I consensi sono arrivati anche per le due interpreti femminili: Isabella Ragonese e Maria Pia Calzone, quest’ultima scelta dal regista, colpito nel vederla lavorare in “Gomorra”.
«E’ un film parlato dove seppur nella dinamicità del ritmo, che è quello di un litigio, bisogna essere comprensibili e veri. Una commedia dove non ci sono effetti speciali, cambi di ambienti e quindi dove tutto il dinamismo è dato dalle parole. Quando ho ricevuto la telefonata da parte di un produttore teatrale che mi diceva che Sergio Rubini mi stava cercando, e dopo aver incontrato Sergio d aver letto il copione, avrei voluto richiamarlo dopo un’ora ma mi sembrava brutto e l’indomani l’ho contattato ed ho accettato. Il testo del film è un piccolo gioiellino, il fatto che mi avesse cercato per una commedia è stato per me il miglior modo per iniziare l’anno», ha dichiarato l’attrice campana. Quando agli attori è stato chiesto se a distanza di qualche tempo hanno trovato Bologna un po’ cambiata, così ha risposto Fabrizio Bentivoglio: «Forse è cambiata come tanti altri posti ma ahimè non in meglio, e questo è un po’ anche l’argomento del film».