Southpaw – L’ultima sfida: recensione
Spietato, adrenalinico, brillante per forma e contenuto. C’è molto più di un incontro di boxe in Southpaw – L’ultima sfida. C’è il percorso di un uomo, cresciuto in un orfanotrofio, che non sa gestire le proprie emozioni. C’è il dolore per la perdita dell’amata moglie (forse la mamma mai avuta dal protagonista?) e c’è l’amore per una figlia, che rischia di rivivere le stesse frustrazioni e ansie dei propri genitori. Ed è palese sin dalle prime scene che la pellicola si regge sulla caduta, sulla disfatta e sulla motivazione di un atleta che si esprime mediante il pugilato; sport che unisce coraggio e destrezza a un gioco di alternanze di attacco e difesa che sul ring fa la differenza. Southpaw – L’ultima sfida, il film uscito al cinema il 2 settembre 2015, è come un pugno allo stomaco che ci toglie il respiro sino all’ultima battuta perché ci catapulta da subito nel mondo complicato di Billy Hope, pugile che annienta i propri avversari stendendoli al tappeto con estrema brutalità. Accanto a Billy, durante gli incontri e nella vita quotidiana, la bellissima moglie Maureen che – interpretata da una carismatica Rachel McAdams – sa tenere a bada la rabbia del marito, infondendogli fiducia e sicurezza. Eppure i veri dolori, si sa, sono dietro l’angolo e un unico evento può cambiare tutto in un solo istante. Il protagonista si muove insicuro per le strade tortuose della vita senza speranza e con il volto sfigurato dai pugni. Lui, che non si difende perché sa (e vuole) solo attaccare, si trova a tu per tu con l’avversario più pericoloso: l’incapacità di domare se stesso. La macchina da presa di Antoine Fuqua è nevrotica, concitata, emozionale. Con destrezza il regista – grazie all’ottima performance di Jake Gyllenhaal perfettamente in parte nei panni del personaggio principale – ci rende attivi. Noi, per due ore, non siamo solo spettatori con popcorn e patatine; siamo coprotagonisti e sappiamo sin da subito da quale parte stare. Per noi, figli dell’Occidente, il moderno Ulisse è Billy Hope che con le sue insicurezze ed errori raddrizza il tiro e cambia rotta. L’atleta, privo di forze, si affida così a un allenatore (Forest Whitaker) molto più equilibrato che rinvigorisce i suoi punti deboli. Ben lontano dal messaggio motivazionale della serie di Rocky e sicuramente non paragonabile per qualità a Toro Scatenato, questa pellicola somiglia vagamente a Million Dollar Baby per la sua spietata tragicità, nonostante le evidenti divergenze, e al Tatanga di Roberto Saviano per il substrato culturale di rivalsa e disagio. Southpaw – L’ultima sfida nel complesso è un film estremo, veloce, rabbioso che narra una storia cruenta, proprio come le immagini girate. Il cliché è lo stesso di molte pellicole del sottogenere ma il prodotto vale tutto il prezzo del biglietto. Voto: [usr 3.5].
Southpaw – L’ultima sfida: trama
Il film ruota intorno alla vicenda di Billy Hope, il pugile che, dopo la morte prematura e tragica della moglie, deve lottare per riavere la figlia affidata ai servizi sociali.
Southpaw – L’ultima sfida: trailer
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